Lei è nervosa, come le capita sempre in quest’ultimo
periodo, e la sua faccia tirata mostra adesso con evidenza delle piccole rughe
sottili, quasi scolpite nell'espressione del viso sempre serio e accigliato.
"Sono stanca", dice spesso a chi la interroga per giustificare i suoi
scatti e le risposte un po’ troppo asciutte, ma non si capisce se sia il troppo
lavoro a ridurla in questo modo, oppure la situazione generale che vive. La sua
amica di sempre passa a farle una visita qualche volta durante il tardo
pomeriggio, dopo il lavoro in ufficio, e lei la fa sedere al tavolo della
cucina luminosa del suo appartamento, le serve generalmente una tisana fumante,
e lascia che parli, che esprima le sue cose a ruota libera, limitandosi negli
ultimi tempi ad ascoltarla e basta, senza ribattere niente e senza quasi
interloquire. ”Potresti svagarti”, le fa l’altra ogni tanto durante queste
visite. “O magari potremmo farci un giro insieme da qualche parte, solo io e
te; oppure stasera stessa infilarci in un cinema a vedere qualche pellicola.”.
Lei le volta le spalle, scuote la testa, lascia il suo sguardo abbassato sul
tavolo, o sul fornello dove ha messo a bollire l’acqua per la tisana. “Un’altra
volta”, le fa; “stasera non ne ho proprio voglia”.
Rimasta da sola si perde in mezzo a mille pensieri, e poi
gira per casa riflettendo con intensità sul bisogno impellente di occuparsi di
tutte quelle cose necessarie che richiede il suo pur piccolo appartamento, e
così inizia col fare delle piccole azioni, preparare la lavatrice, tirare fuori
dal frigo qualcosa per cucinarsi la cena, pulire con cura i piani dove forse si
è accumulata nella giornata una quasi invisibile e leggerissima polvere; poi
però decide di uscire, in solitudine, senza neppure darsi un itinerario, oppure
un luogo preciso verso dove recarsi. Con una calma studiata indossa la giacca
più comoda che possiede, senza chiedersi nulla, come rispondendo ad una
semplice necessità, e poi via, in mezzo agli altri, ad attraversare le strade
del suo quartiere popoloso come fosse una barca sul mare, sballottata dalle
onde immaginarie dei rumori delle macchine che transitano, e dalle
parole che si può ascoltare tra le persone in giro a gruppi, ferme o mentre
camminano, come se quel caleidoscopio di sillabe confuse che si possono
ascoltare fossero tutto ciò che adesso ci vuole per lei, quasi un sentire
ancora intorno a sé la vita che scorre, la gente che parla, che si chiama,
sorride, si urla, compie le scelte che deve.
Poi, soltanto perché lo vede piuttosto affollato
attraverso le ampie vetrine, entra in un caffè dove non è mai stata, così si
siede ad un tavolino, aspetta che un cameriere le chieda qualcosa, si fa
servire una tazza di cioccolata, cerca di sentirsi il più possibile una persona
come tutte le altre. Ad un tratto sente quasi il bisogno di avere qualcuno lì
accanto a sé, e rimpiange di non aver dato retta alla sua amica per uscire
insieme, perché se si guarda un po’ attorno, vede che nessuno là dentro è da
solo come lo è lei in questo momento. Si sente però attratta dal suo isolamento,
da quello starsene per conto proprio, anche se allo stesso tempo ne prova anche
una certa paura, a tratti quasi un completo terrore, come se l’abitudine a
stare così in solitudine fosse ormai calata in modo definitivo dentro di lei, e
lei non potesse più farne a meno.
Si scuote, si guarda attorno con occhi imploranti,
sorseggia la sua cioccolata ed intanto pensa che presto non riuscirà più ad
uscire da quella inerzia che adesso la sta assediando sempre di più. Arriva la
sua amica, certo per una combinazione fortuita, e subito lei si alza, la saluta
sorpresa, l’abbraccia, e sente d’improvviso di avere come una gran voglia di
piangere, anche se si trattiene, per forza, perché sa che forse c’è un piccolo
sforzo ulteriore da fare, proprio da adesso in avanti, qualcosa che lei non può
più rimandare.
Bruno Magnolfi
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