"Mi sento confuso", le fo sottovoce senza
guardarla, tanto per prendere tempo. "In questo momento non saprei neppure
prendere le più
piccole decisioni". Continuiamo a muoverci in
macchina lungo certe strade secondarie fuori città, e intanto, mentre guardiamo
l'asfalto davanti a noi, cerchiamo di parlare a ruota libera intorno a tutti
gli argomenti che ci vengono a mente, anche se personalmente proseguo ad
evitare di buttare là delle affermazioni avventate che non sono del tutto
sicuro in seguito di poter mantenere come vere. Lei guida la sua auto con
calma, ed osserva con attenzione ogni particolare delle case coloniche e della
vegetazione che ci sfilano accanto, alla pari di come si sta mostrando
estremamente interessata sia ad ogni parola che dico, sia alla maniera con cui
dico le cose. "Potremmo fermarci a bere qualcosa lungo il prossimo
paese", le fo tanto per alleggerire, e lei per un po' non risponde, quasi riflettesse sulla decisione migliore da
prendere. "Va bene", afferma alla fine con un certo sussiego; perciò,
senza neppure dire altro, rallentiamo lungo un centro abitato, alla ricerca del luogo più giusto per fare quello che abbiamo deciso, ed
alla fine arrestiamo la macchina.
Su un tavolino all'aperto di un locale alla buona ci
lasciamo servire un panino imbottito tagliato in due parti, e naturalmente anche
una birra ciascuno. "Penso che oramai si debba prendere una
decisione", dice lei senza guardarmi, come fosse assorbita da ben altre
cose. Lo so, lo sento, che lentamente stiamo arrivando al punto essenziale
della giornata, così cerco di essere divertente toccandomi la fronte più volte
come fossi perplesso, e spiegando che in questo momento non saprei proprio
decidermi su quale parte prendere delle due metà di quell'appetitoso
panino. Lei taglia subito corto, e addentando la sua parte di merenda senza
alcuna incertezza, dice che dobbiamo mollarci, non c’è più alcun motivo per
restare ancora insieme a prenderci in giro. “Non sono d’accordo”, le fo subito
senza spiegare il motivo di una frase del genere, che mi è soltanto tornata a
mente dopo aver visto qualche sera fa una vecchia pellicola del cinema passata
in televisione. “Il fatto è che abbiamo ancora troppe cose in comune”, le dico
buttando giù un sorso generoso della mia birra.
Lei chiede del bagno, così si allontana lasciandomi a
meditare sulle prossime mosse. Non so se in questo momento posso fare a meno di
lei, rifletto. In
fondo ci sono le tante abitudini che ho maturato in questi ultimi due o tre
anni: passare da casa sua verso sera, quasi all'ora di cena ad esempio, e poi
fingere di farle un favore ogni volta che resto a dormire da lei. Oppure
improvvisare entusiasmo per un'uscita verso un cinema o anche a teatro, quando
proprio non ho niente di meglio da fare. Qualcuno deve pur stendere la tovaglia
sul tavolo se vogliamo mangiare, ho sempre pensato. Il mio barcamenarmi ogni
tanto con qualche lavoretto in ambito culturale, si sa, non mi permette di fare
dei grandi gesti. Così ho sempre lasciato che lei pagasse i conti del nostro
vedersi, considerato che possiede dei bei depositi in banca, e lei di questo
non si è mai lamentata, a dirla tutta.
Poi
torna, dice che ha preso una decisione, non vuole più neanche vedermi, almeno
per qualche tempo. "Hai ragione", dico subito cercando di essere
convincente. "Non ha senso trascinare le cose senza un vero motivo".
Lei mi guarda, forse le dispiace già di essere stata affrettata, ed io mi volto
a guardare qualcosa, disinteressandomi della sua eventuale espressione di
leggera sorpresa, poi mi alzo dal tavolo e pago quanto abbiamo appena
consumato, lasciando persino una mancia. "Andiamo?", le fo poi con
indifferenza, e lei si alza a sua volta, ma lentamente, come non riconoscesse
del tutto i miei modi di fare. Saliamo in macchina, io stendo le gambe e fingo
di riposarmi, lei guida nervosamente fino a quando non arriviamo. "Allora
ti saluto", le fo senza guardarla ma assumendo un'espressione leggera e
facendole quasi un sorriso. Lei non dice un bel niente, però mi guarda adesso
con grande intensità. Mi chiamerà tra una o due settimane al massimo penso, e
poi ricominceremo alla stessa maniera di prima. Certe cose non si annullano
mai, inutile persino tentarle, rifletto.
Bruno Magnolfi
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