Nonostante tutto il suo impegno le cose sembrano
ultimamente non andarle mai troppo bene. Lei svolge i suoi compiti come sempre,
si alza molto presto al mattino, giunge al palazzo degli uffici dove svolge il
suo ruolo ancora prima del responsabile, quella guardia privata che disattiva
gli allarmi e fa entrare all’interno dell’edificio sia lei che i suoi colleghi,
per lasciar loro eseguire come ogni giorno i compiti ordinari di pulizia e
sanificazione di tutti i locali. Attendono così, davanti ad un’entrata
secondaria, che vengono accese le luci, che si attivino gli ascensori, che
tutti i corridoi siano perfettamente percorribili e le porte tagliafuoco disinserite,
e poi ognuno di loro raggiunge il piano a cui è addetto, iniziando quindi il proprio
lavoro recuperando dai vari ripostigli il carrello e tutto l'occorrente di cui
hanno necessità per portare avanti le cose. C'è appena il tempo, prima di
entrare, per scambiarsi giusto un saluto o di fare una battuta sul tempo e
sulla giornata, a volte fredda, o piovosa, poco promettente, magari afosa,
troppo secca o fastidiosa che sia. Poi si va avanti, l’impresa di cui loro
fanno parte assicura quel tipo di servizi ad una grande quantità di edifici
nella loro città, e tutti gli addetti devono cercare di dare il meglio di sé,
senza alcun dubbio. “Inutile
proseguire a dannarsi l’anima; siamo un popolo
minore”, ha detto un suo collega stamani, e a lei non è piaciuto affatto questo
apprezzamento; “siamo dei lavoratori come tutti gli altri”, gli ha risposto piano
ma con fermezza, poi non c’è stato più tempo per spiegare altre cose,
anche se lei ne avrebbe avuta la voglia. Le montano i
nervi quando qualcuno sembra come abbandonarsi agli eventi senza combattere. Si
sente orgogliosa di quello che fa, e non le piace neppure spiegarne il motivo.
Ultimamente però lei si sente più suscettibile che nel
passato: sbotta per niente, e certe volte le monta la rabbia persino per delle
sciocchezze. In fondo cosa le importa di quello che pensano i suoi colleghi: il
lavoro che portano avanti rimane comunque sempre il medesimo, spesso di una
monotonia quasi estenuante, e la differenza di un giorno piuttosto che un altro,
è tutta giocata semplicemente su qualche superficiale sciocchezza. Più tardi
giungono gli impiegati che lavorano in quell’edificio, e tutta la squadra degli
inservienti di cui lei fa parte si ritrova a quel punto al piano interrato, a
sistemare bene gli utensili, a lavare le spugne e i lavapavimenti che devono
usare anche nei giorni seguenti, e radunare tutti i sacchi riempiti con le
cartacce ed i piccoli rifiuti d’ufficio, che poi saranno portati all’esterno
per lo smaltimento con un furgoncino, compito specifico di un loro collega
addetto a quel compito. Lei toglie i guanti e il grembiule, appena giunta nello
spogliatoio; poi recupera i propri indumenti, la borsa, si pettina davanti a
uno specchio, poi si avvia alla fermata del bus. Questa è la sua vita, questi i
suoi compiti, forse modesti, ma per lei va tutto bene così, non chiede nient’altro,
ed anche se forse non è pienamente soddisfatta, però tira avanti con energia, con
fermezza, credendo in quello che fa. Soltanto quando qualcuno le dice che le
persone come lei sono quelle che prima o dopo si sono dovute accontentare di
quello che hanno, allora storce la bocca in un’espressione di profonda amarezza.
“Non ci sono mestieri più umili di altri”, dice in quei casi calcando bene le
sue parole. “Ognuno ha la propria dignità; e se qualcuno per caso cerca di
denigrare persino il proprio lavoro, vuol dire che è il primo tra tutti a non
esserne degno”.
Bruno Magnolfi
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