Ho fatto un elenco dettagliato di tutti i miei impegni, e
li ho messi poi in fila con grande
precisione; ma adesso che li posso osservare con calma non ne sono molto
contento. Mi paiono di un numero esorbitante, una serie infinita di piccole e
stupide cose, certe volte persino in contraddizione tra di loro per natura o
per scopo, tanto che in questo momento mi sento portato quasi ad ignorarle
completamente. Forse è proprio questo inconsciamente a cui aspiro: essere a
conoscenza di tutti questi impicci a cui dovrei proprio far fronte, per provare
poi il gusto sottile di evitarli uno per uno. Già, perché continuo a darmi
delle giustificazioni per non fare una cosa oppure quell'altra: dimenticarmi di
un appuntamento, o magari anche di una scadenza, evitare di tagliare la barba
per più giorni, oppure persino tralasciare di riempire il mio frigorifero di
generi alimentari, ed in questa maniera, quando questo succede, mi viene spesso
di tirare un sospiro di sollievo, come se una forza estranea a me stesso,
oppure il semplice caso, dico io, fosse stato capace di alleggerirmi di qualcuno tra tutti i miei
compiti. E’ inevitabile sentirsi stufi di tutte queste cose da fare, credo,
così aspiro continuamente a disinteressarmi di qualsiasi faccenda, tanto che
alla fine vengo considerato, da chi mi conosce,
un tipo lunatico con il difetto della sbadataggine, e proprio per questo
forse lasciato in disparte il più delle volte.
Però non mi interessa, formulo a voce alta; tiro avanti
come ho fatto sempre, ed anche se mi ritrovo un po’ troppo spesso da solo, giro
per il mio quartiere quasi senza avere una meta, lasciandomi prendere
praticamente ogni giorno da quanto maggiormente mi va sul momento. Così certe
volte mi ritrovo a curiosare presso alcuni rigattieri che accumulano nei loro
bugigattoli un sacco di cianfrusaglie per lo più inutili o inservibili, ma per
me assolutamente affascinanti. Confronto i tanti soprammobili, le lampade da
tavolo, gli orologi ormai fermi da appendere alle pareti, le piccole specchiere
da camera, ed anche se alla fine non compro quasi mai nulla quando vado a
girellare là in mezzo, però mi perdo volentieri dietro al pensiero di
un’oggettistica inutile, e certe volte anche assurda. E’ la mia personalità che
mi porta ad essere in questa maniera, almeno credo, ed io non mi sento certo
nella condizione di oppormi alla mia natura.
Perciò quando un vicino di casa che conosco da sempre suona
il mio campanello per avvertirmi di avere ereditato da poco un piccolo baule in
legno pieno di vecchi libri che non sa neppure valutare, io mi precipito nel
suo appartamento, e comprendendo immediatamente la preziosità di quella roba,
gli offro subito una certa somma per acquistarla e portarmela a casa. Lui naturalmente
vuole ancora più soldi, così andiamo avanti a discutere per una buona mezz’ora,
ma alla fine accettiamo ambedue un compromesso, e lui mi aiuta volentieri a
trasportare il piccolo baule nelle mie stanze. Quando infine chiudo la porta
dietro le sue spalle, sento di essere almeno per un momento una persona felice:
non mi interessa più niente di prepararmi il pranzo, riordinare la casa, oppure
cambiarmi d’abito: voglio soltanto star qui su una sedia a leggiucchiare questi
testi polverosi e ingialliti, assaporando tutto il gusto di qualcosa che
difficilmente, se non ci fosse stata questa strana combinazione, avrei mai
potuto avere tra le mie mani. Sono libri, annuisco tra me; piccoli e vecchi condensati
di una grande cultura, credo; nomi di scrittori ormai tutti spariti, però
sicuramente importantissimi, e soprattutto elementi imparagonabili al vuoto di queste giornate composte soltanto
da obblighi e da impegni, soggette soltanto alla tirannia delle cose da fare
per forza.
Bruno Magnolfi
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