"Ci siamo
fatti vecchi", dice l'uomo a suo fratello minore durante quelle due o tre
volte all’anno in cui si ritrovano per una visita reciproca di cortesia. L’altro
non dice niente, resta in silenzio, non gli piace quell’argomento, quasi sempre
distoglie il proprio sguardo e parla subito d’altro, come non volesse darla
vinta al tempo che passa e che purtroppo ogni volta quando si ritrovano riesce
a mostrare sulle loro espressioni del viso gli approfondimenti che impone.
Certo, c’è tutto un passato di cui ricordarsi: le cose migliori, quelle
leggere, quelle senza alcuna tristezza da rammentare. Ridono insieme solo a
ripensarle quelle piccole vicende di una volta, e ritrovano il gusto delle
parole di un tempo, di quei modi di fare che avevano quand’erano solo degli sciocchi
ragazzi, certo molto
più spensierati di adesso, al tempo in cui tutto era ancora da fare. Ma ora
certe volte qualcosa di più importante si fa largo tra i loro modi di fare. Ci
sono ben state in mezzo a questi decenni le loro diverse maniere di riflettere
sulle piccole e grandi decisioni da prendere, e c'è adesso nell’aria tutto il
gusto delle loro esistenze che per qualche motivo calcano quella distanza che
si è inserita tra loro, ed insieme a questo aspetto anche le scelte, quelle già
fatte, quelle ancora da fare, le inevitabili ricadute dirette su loro due, sul
loro essere comunque fratelli.
Poi lui dice comunque che va tutto
bene, che non ci sono dei grossi problemi, che le cose andranno avanti probabilmente
come sempre sono andate, e loro due torneranno ancora a vedersi, inevitabilmente,
a farsi una visita ogni tanto, e si sentiranno di nuovo bene durante quelle
volte, come sempre è stato tra loro. L’altro lo guarda senza ribattere, poi
dice però che si sente preoccupato, che qualcosa da qualche tempo non funziona
come vorrebbe, non è una questione di salute o di tranquillità forse persa in
questi ultimi mesi; piuttosto una sensazione, un piccolo cruccio, o l'improvvisa
certezza che qualcosa stia davvero cambiando, senza nessun’altra possibilità.
"Non può restare tutto com'è all'infinito", fa lui, e mentre lo dice
si sente ridicolo, quasi come un prete quando dice le solite cose intorno alla
fede. “Le variazioni che accadono hanno sempre un proprio senso. Quelle
repentine a volte ci mettono anche alla prova”. Suo fratello sorride: “non
parliamo di questo”, fa subito; “in fondo non è successo un bel niente, e poi
ci tireremo fuori come sempre da qualsiasi pasticcio”.
Tornano a ridere, rammentano ancora
qualcosa delle giornate lontane, di quand’erano ragazzi quasi della medesima età,
ed è un ritrovare così molte immagini che loro riescono ad evocare quasi
intatte, come se niente in questi anni le avesse scalfite: non certo tutto
questo tempo trascorso, pensa lui; perché loro si sentono superiori a quel
tempo, e sono sicuri che finché riusciranno a ricordare nella stessa maniera ciò
che adesso continuano ad avere presente, tutto andrà bene, non ci sarà niente a
frapporsi al loro sentire leggero, innocente, quasi spensierato, come è stato
fino ad ora. Poi si salutano, anche questa visita ormai è terminata, ognuno di
loro torna da adesso alla sua vita differente, alla distante città dove tanto
tempo prima ha scelto di vivere, e l’appuntamento è naturalmente rimandato alla
prossima volta, alla scadenza quasi consueta, a quando ambedue sentiranno che è
giunta di nuovo l’ora di rivedersi, di parlare ancora delle cose che sanno, che
hanno vissuto, che ricordano bene, come un piccolo filo sottile che tiene
legati i fatti che contano, quelli che restano ancora lì, tra di loro, come una
proprietà quasi esclusiva.
Bruno Magnolfi
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