Nessuno sembra abbia ancora voglia
di parlarne, ma gli uffici postali di metà della provincia di Pisa, ormai qualche
anno fa, furono coinvolti dalla notizia di un comportamento truffaldino che
rapidamente fece il giro di quasi tutte le succursali, e soprattutto investì naturalmente
il paese di Calci. La faccenda si risolse in seguito con un patteggiamento in
sede giudiziaria che non portò neppure ad una pena particolarmente severa,
oltre naturalmente alla perdita immediata del posto di lavoro, da parte di chi fu
capace di provocare tanto sconquasso. Si trattava in quel caso di un
dipendente, un impiegato di vecchia data dell’ufficio postale, che avendo
accumulato una gran massa di debiti per chissà quale motivo personale,
improvvisamente aveva pensato bene, mentre lavorava dietro allo sportello destinato
al pubblico, di commettere qualche piccolo sbaglio in suo favore, nel momento
in cui c'erano da fare i doverosi conteggi per il pagamento delle bollette di
qualche cliente, oppure anche nei casi della riscossione in contanti di una
pensione. Mai grosse cifre, sempre poca roba; però rastrellando qualcosa da un
pensionato disattento, e qualcos’altro da una massaia poco pratica di conti,
alla fine della giornata quest’uomo disonesto riusciva, senza farsene
accorgere, a mettersi in tasca qualche buon arrotondamento sullo stipendio.
Immaginandosi, ogni utente che si recava allo sportello, di aver compreso male
qualcosa, o di aver forse perduto lungo la strada, per pura personale disattenzione,
una banconota oppure due, andava a finire che nessuno di loro tornava agli
uffici postali a reclamare l’ammanco, addossandosi con sufficiente certezza la
colpa di tutto, sempre ammesso che il malcapitato riuscisse proprio ad
accorgersi della differenza di somma. Tutto fino a quando, una donna di quel
paese, una con pochi peli sulla lingua, alzò la voce in ufficio di fronte a
tutti, ancora prima di parlarne con la direttrice dell’ufficio postale, la quale
naturalmente cadde dalle nuvole, ma che subito si prodigò per comprendere
meglio ciò che era realmente accaduto.
Sparsa la voce in paese, tutti
allora si ricordarono di aver notato prima o dopo qualche piccolo ammanco, e la
faccenda in un solo attimo divenne così di dominio pubblico. Il resto, tra
carabinieri, dichiarazioni, e provvedimenti a cascata, fu inarrestabile, fino a
giungere al punto che per quel posto di lavoro lasciato vacante, si mostrò
estremamente complesso trovare in tempi brevi un valido sostituto. Perciò, almeno
in un primo momento, dovette iniziare proprio la direttrice, la signora Vanni
in persona, a prendere posto davanti al vetro forato dello sportello, e ad
accogliere la clientela con il suo sorriso migliore, nella ricerca, da quei compaesani
che con titubanza riprendevano poco per volta a sbrigare le loro faccende presso
l’ufficio postale, di dare un’immagine serena di ripristinata onestà, senza
mettere in mezzo alcun chiacchiericcio insignificante e privo di qualsiasi
costrutto. Fu soltanto dopo diverse settimane che dalla sede centrale di Pisa si
decisero finalmente ad inviare un impiegato esperto a dare una mano, ed allora
fu proprio questo signore, un tipo di poche parole, molto professionale però, ad
occuparsi per qualche mese, con serietà ed in perfetto silenzio, dei rapporti
col pubblico, e soprattutto a maneggiare, con rapidità ed estrema precisione, i
soldi di tutti.
Quando si decise che andava comunque
assunto un nuovo impiegato per quella sede, scappò fuori Alberto, un giovanotto
di un paese vicino con il diploma di ragioniere, spinto e protetto dai suoi
parenti politici, che mostrò subito però la propria incapacità, ed anche
l’evidente disinteresse, nello stare a quello sportello ancora rovente di strascichi,
di polemiche e di diffidenza. Così, poco prima dell’inverno, nel periodo preciso
in cui iniziava ad ingrossarsi il lavoro, venne assunta, pur a tempo
determinato, una ragazza, una persona di nota famiglia nel paese, conosciuta da
molti, forse anche per essere particolarmente estroversa, tanto da mostrarsi
adattissima a tenere i rapporti umani con la cittadinanza. Ad un punto tale che,
quando giunse la scadenza naturale del suo contratto, la gente che giungeva
alle poste iniziò subito col chiedere di Laura, di quella ragazzona con cui
tutti avevano iniziato ad avere buone relazioni, e che, dopo poco, venne con
naturalezza richiamata in servizio, stavolta con un contratto definitivo. In
tutto questo tempo, dall’allontanamento dell’impiegato poco serio, fino alla
nuova sistemazione del personale, la direttrice, insieme a Renza, ed anche a
Gino, il portalettere, non ebbero comunque un attimo di pace all’interno del
piccolo ufficio postale, nonostante il prodigarsi di tutti nel tentativo di svolgere,
con una estrema attenzione ed anche una minuziosa solerzia, ogni attività di
quell’agenzia, tutto compiuto nello sforzo di riguadagnare quella fiducia nelle
poste intaccata pesantemente nei tempi da poco trascorsi.
Poi, ogni particolare venne presto dimenticato,
naturalmente, anche se rimase l’abitudine per qualsiasi cittadino utente
dell’ufficio postale, di contare con estrema attenzione i soldi da dare o da
prelevare sopra a quel banco, perché iniziò ad apparire evidente per tutti che
un errore qualsiasi nei conteggi, voluto o casuale che fosse, si sarebbe sempre
mostrato possibile.
Bruno Magnolfi
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