Altre
volte, ho avuto paura. Non per qualcosa di definito, come lo scoppio di una
gomma d'auto, un'improvvisa burrasca di pioggia e di vento, oppure nel ritrovarmi
da sola in un vicolo buio, no; ho provato in certi casi una paura più generica,
quasi insensata, del tutto irrazionale. È la gente, che non capisco. Si mettono
insieme con facilità alcune persone che inizialmente si conoscono anche poco
tra loro, scambiano qualche frase scontata in cui si identificano, trovano persino
delle vere e proprie parole d’ordine, fino a formare esattamente un bel gruppo,
e subito dopo cominciano ad alzare la voce, ad inveire contro qualcosa o
qualcuno, giungendo alla fine a scegliersi un vero e proprio nemico verso cui potersi
scagliare, forse perché è proprio così che gli impongono di fare le loro
frustrazioni emergenti. In qualche caso poi perdono del tutto la ragione, ed è
in questi momenti che diventano improvvisamente violenti, nonostante siano incapaci
persino di indicare il vero motivo da cui sono trascinati a comportarsi in
questa maniera. Proprio in questi casi, ecco che è la paura di qualcuno come me,
che sorte fuori. Si dice che è doveroso avere pazienza, che bisogna sforzarsi
di comprendere tutti, di analizzare bene anche le ragioni che muovono delle
figure del genere, perché è soltanto con la comprensione che si può sperare di
migliorare qualcosa. Ma io in questi casi ho sempre provato una paura folle.
Neanche per me stessa, per la mia incolumità, per i miei familiari o le persone
che sento più vicine; quanto per il genere umano, tutto assieme, così denigrato
ed offeso dall’incapacità di qualcuno nel mantenersi nell’alveo di un animale
sociale qual è.
Uno
sfogo terribile, che non può mai portare a niente di buono, se non una
prosecuzione perpetua di gesti violenti e di odio puro non controllabile,
impossibile da neutralizzare, assurdo per l’evidenza negativa che offre, capace
di avvicinare nei gesti l’uomo alla bestia, come se una diga crollando improvvisamente
lasciasse tracimare oramai tutta l’acqua che fino a poco prima conteneva. Ecco,
di tutto questo provo paura, del dovermi confrontare con qualcosa che neppure
comprendo, che non fa parte di me, o almeno di ciò che mi fa essere persona ogni
giorno, anche nei momenti difficili che posso trovarmi ad attraversare. Si dice
sia difficile suscitare dei cambiamenti in altra maniera, ma io non credo a
qualcosa del genere, credo anzi che la buona volontà degli individui abbia una
forza decisamente superiore. Per questo sono rimasta perplessa quando mi hanno detto
che l’Ufficio Postale del mio paese sarebbe rimasto chiuso per almeno una
giornata, dopo che qualcuno aveva avvertito che era stata collocata una bomba
al suo interno. Sono sicura che la ragione profonda di un atto del genere
derivi dalla ventilata necessità dei dirigenti nazionali di Poste e Telegrafi di
chiudere in modo definitivo la sede di Calci, e che questa voce insistente
abbia iniziato a far saltare i nervi a qualcuno, anche soltanto per delle
ragioni campanilistiche.
Non
ho nessun interesse personale da proteggere, niente che riguardi il mio essere
cittadina come tutti, però sono convinta che togliere d’importanza una comunità
che poco per volta si è guadagnata la considerazione che merita, sia la molla
che fa saltare il tappo di qualsiasi insoddisfazione repressa. Così sono andata
anche io sulla piazza a cercare di comprendere che cosa stesse accadendo al
paese di Calci, ed ho trovato mille contraddizioni nella testa dei miei
concittadini, idee e pensieri che non sembravano portare verso una sola risoluzione
e delle richieste univoche. Perciò ho detto a qualcuno che era ridicolo tenere
un comportamento così poco chiaro, ed anche se dei conoscenti mi hanno subito
dato ragione, di fatto tutti gli altri hanno mostrato con evidenza di non
meritarsi alcuna considerazione. Non so, ma all’improvviso mi pare che una
piccola comunità come la nostra, pigra e quasi incapace di prendere delle vere
e proprie iniziative, si trovi d’improvviso al centro di un forte ripensamento
delle proprie possibilità. Sono convinta che altri prenderanno iniziative poco
sane, e che superando l’intorpidimento che ha sempre caratterizzato questo
paese, alla fine verrà fuori un rovesciamento di posizioni, un improvviso
prendersela con qualcuno, fino a delegare le iniziative di tutti ad un manipolo
di facinorosi capaci di traghettare la nostra proverbiale pazienza in un desiderio
immediato di forza, di repentino cambiamento, di intolleranza smodata verso chi
non la pensa così.
Ho paura allora, ripeto; non c’è niente di buono in questo clima, e se desidero che le cose non degenerino presto, ho deciso che inizierò ad essere maggiormente incisiva, almeno quando ne parlo con chi mi circonda; e proprio per questo motivo sento sempre di più che il mio dovere è parlarne apertamente con chiunque sia aperto al dialogo, smettendo di mostrarmi ancora come una donna remissiva, sempre sottomessa alle decisioni di altri, pronta ad accettare qualsiasi risoluzione venga presa, o almeno quei provvedimenti che in qualche modo riguardano i miei stessi diritti.
Bruno
Magnolfi
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