Domenica
scorsa mio padre sembrava rilassato, tranquillo, quasi sorridente persino con
me, oltre che con la mamma. Ci siamo seduti a tavola per il pranzo, e lui
parlava, spiegava, diceva le cose del suo lavoro di autotrasportatore, ci
raccontava qualcosa delle città straniere dov’era stato, e si lamentava un po’
delle proprie scarse prospettive, della monotonia delle strade infinite che
percorreva ogni giorno, di un mestiere logorante come il suo, ma pareva
comunque essere abbastanza fiducioso in qualcosa, come se attendesse prima o
dopo un certo miglioramento, magari anche per tutta la nostra situazione
familiare. Poi mi ha guardato un attimo, in silenzio. <<Devi coltivare il
tuo futuro>>, mi ha detto di colpo. <<Cercare di sapere già adesso
cosa dovrai attendere dai tuoi prossimi anni, e così prepararti, darti delle
scadenze, mettere a fuoco una direzione da intraprendere, ed anche delle
prospettive>>. Non ho risposto niente, mi sono limitato a guardarlo
cercando di comprendere meglio a cosa di preciso si riferisse, ma le sue parole
mi sono sembrate subito vuote di significato, oppure addirittura piuttosto
incomprensibili. Già da qualche tempo un fantasma viene ogni poco a farmi una
visita, avrei potuto spiegargli. È un uomo grande, adulto, una figura che non
ho mi visto prima, che però sa tutto di me, e certe volte mi rimprovera di non
avere fatto abbastanza in questi anni per sviluppare le mie potenzialità. Mi
osserva, sembra sempre deluso dei miei comportamenti, però difficilmente mi
parla, limitandosi a stendere su di me il suo sguardo rassegnato, di chi
conosce già perfettamente come le cose andranno a finire nel proseguo del
tempo.
Lo so benissimo
che quell’uomo può essere senz’altro la proiezione esatta di me stesso nel
futuro, e in ogni caso io cerco di pensare che le cose per me potrebbero
cambiare rapidamente, presentare altri risvolti, differenti soluzioni. Mi
piacerebbe che il fantasma che mi appare mi spiegasse quali sarebbero secondo
lui le tante cose che mi potrebbero accadere, i fatti positivi e negativi che
sembrano attendermi in agguato negli angoli del tempo che deve arrivare, ed
invece lui si limita sempre a dirmi che le persone da cui sono circondato sono
importanti, che devo impegnarmi ad avere dei buoni rapporti con chi mi trovo
vicino, che l’amicizia è un valore fondamentale, e che la solidarietà, come la
stessa capacità di sentirmi vicino agli altri, è il fondamento di tutto, e per
questo devo imparare a rallegrarmi e a soffrire anche per quello che accade
alle persone che posso conoscere, specialmente quelle verso cui la mia
sensibilità appare maggiormente simile. A me viene sempre la voglia di dirgli
che queste cose a me non interessano, ed il mio desiderio maggiore è quello di
starmene da solo, perché nessuno tra coloro che incontro a scuola ogni giorno
mi comprende, e qualsiasi cosa faccia, secondo il parere di tutti, è sempre
stramba, insolita, forse assurda.
Ho pensato
addirittura che mio padre e questo insolito fantasma che mi appare, siano dei
soci tra loro, degli alleati che tentano di rendermi la giornata ancora più
complicata di quello che è già. Ritengo, al contrario di loro, di non dover
seguire delle regole date, ma di poter comportarmi, a scuola, in famiglia, con
le persone che conosco, ed anche con i vicini di casa, esattamente come credo
meglio, così come mi ispira il mio carattere, il mio modo di essere, la mia
personalità. Ma ogni volta che apro la bocca per spiegare a qualcuno il mio
punto di vista, subito mi trovo ad essere rimbrottato, come se non avessi
compreso nulla di quello che secondo tutti devo sapere e tenere a mente. Poi il
pranzo domenicale è finito, mio padre ha dato una mano alla mamma a sistemare
le cose della cucina, ed ambedue mi hanno subito permesso di uscire per
prendere una boccata d’aria, così come hanno detto, anche se io come al solito
non avevo nessun posto preciso dove andare, né alcun compagno della mia età da
incontrare. Così, con le mani sprofondate dentro le tasche, ho girato a caso
per il paese, andando a sedermi su dei vecchi mattoni nei pressi del campetto
dove a volte i ragazzi giocano col pallone.
Non c’era
nessuno, quel pomeriggio, ed io mi sono immaginato che d’improvviso
sopraggiungesse una squadra al completo per iniziare una partita di calcio. Ed
è successo esattamente in questa maniera, tanto che a me hanno subito chiesto
di fare l’arbitro, e quella decina di ragazzi, alcuni di mia conoscenza, altri
meno, sembravano entusiasti del loro appuntamento che avevano stabilito. Ho
fatto del mio meglio cercando di far rispettare in maniera grossolana le regole
che conoscevo, ma dopo poco qualcuno ha cominciato a criticarmi, a dire che non
capivo niente di calcio, che era meglio se me ne andavo, tanto che alla fine mi
sono allontanato davvero da quel prato terroso. Da solo mi sono sentito subito
meglio, e quando alla fine sono stato affiancato nei miei passi dal solito
fantasma, avrei voluto spiegargli che ci stavo provando ad essere come diceva
lui, ma che le cose non erano facili, anche se poi non gli ho detto più niente,
ed ho tollerato semplicemente la sua presenza vicina, senza mai lamentarmi.
Bruno
Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento