<<Non
so che dirti. Ho provato da solo a comprendere da dove potesse giungere questo
rumore, ma non ci sono riuscito. E poi oltre al fatto che si fa sentire senza
una minima logica, e soltanto certe volte, non sono proprio riuscito a capire
altro>>. Aldo Ferretti, nella sua officina di riparazione dei veicoli,
ogni giorno ne sente di tutti i tipi, ma da uno pratico come Carlo Verdini non
si aspettava qualcosa del genere. Alza le spalle, dice di lasciargli la
macchina per provarla, che tenterà di dare una spiegazione a quel suo problema,
poi prosegue comunque ad occuparsi di altro. Dietro un’altra macchina polverosa
con il cofano alzato sta lavorando Niocke, come sempre in silenzio e senza
mostrare alcuna curiosità per chi è Appena arrivato. <<Perché ti sei
preso in officina un ragazzo così?>>, chiede Carlo abbassando la voce.
Aldo non vorrebbe neanche rispondere, ormai è abituato a quel tipo di domande,
e sa che non riuscirà mai a convincere nessuno nel suo paese che quel ragazzo
per i motori ha le mani d’oro, lavora senza creare problemi, e poi non si
lamenta di niente, qualsiasi cosa ci sia da affrontare. Ma in questo caso si
sente in dovere di dire qualcosa di più, e se non di giustificare le sue
scelte, almeno di mostrare la sua indifferenza nei confronti del colore della
pelle del suo aiutante apprendista. <<Nessuno dei ragazzi del nostro
paese e dei dintorni vuole svolgere più questo mestiere>>, dice con
calma. Tra gli immigrati invece ci sono anche persone in gamba, che certo non
si spaventano per sporcarsi d’olio le loro mani>>.
Carlo
resta in silenzio, si discosta di qualche passo per osservare meglio il ragazzo
che prosegue a lavorare con le mani e la testa sotto al cofano di una vecchia
Peugeot, poi cambia discorso e dice con una battuta che tornerà domani a
sentire se ci sono delle novità per la sua auto. Aldo annuisce, gli indica dove
metterla affinché non dia troppa noia, poi lo saluta con una semplice occhiata.
In officina i due meccanici proseguono poi a lavorare come sempre, in silenzio
e concentrati su quello di cui si stanno occupando. <<Nessuno ti
vorrebbe>>, dice Aldo quindi verso Niocke mentre lui si avvicina
appoggiando una chiave del venti sopra al bancone. Niocke sorride leggermente,
sa benissimo che ci sono persone in paese che vorrebbero persino mandarlo via,
e che il suo capo invece sta sempre dalla sua parte, almeno fino a quando lui
si mostrerà obbediente e capace. <<E come va, con la squadra di
calcio?>>, gli fa poi tanto per dire. <<Bene>>, risponde
Nico, come lo chiamano tutti; <<se non vado a rete è perché non sono
bianco, e se vado a rete è perché ho avuto fortuna>>. Aldo ride, ma
dentro di sé apprezza la maniera con cui il suo aiutante prende le cose.
Tornando a piedi
verso casa, Carlo ha in mente di fermarsi nella solita bettola che sta nella
piazza, tanto per scambiare due parole con qualcuno, ma accorgendosi già mentre
si avvicina che proprio là davanti, accanto ad un gruppetto di persone che
stanno parlando tra di loro, c’è anche Antonio, suo genero, sull’immediato e
quasi per istinto vorrebbe svoltare per evitarlo, anche se alla fine decide di passare
da lì e salutare debolmente i presenti, senza comunque fermarsi. <<Che
hai fatto, Carlo>>, gli dice uno che conosce da sempre, costringendolo
almeno a soffermarsi. Lui si volta per un attimo, la faccia seria, la voglia di
rispondere in maniera sgarbata, ma poi dice soltanto: <<Ho portato la
macchina in officina; mentre la guido sento certe volte un rumore che non mi
piace>>. Tutti si voltano verso di lui, compreso Antonio, che
naturalmente conosce la macchina, ma nessuno di loro dice niente, come se Carlo
avesse rivelato un segreto o qualcosa di particolare. <<Ma non mi piace neppure
quello che sta facendo Aldo>>, riprende subito lui per spiegare la
propria opinione. <<Credo che dovrebbe riflettere meglio sull’aiutante
che ultimamente si è andato a scegliere>>. Gli altri annuiscono,
sorridono, mostrano d’essere d’accordo con lui, ma nello stesso momento Antonio
emette uno dei suoi soliti urli, a mostrare il proprio dissenso su ciò che
viene detto.
Il gruppo si muove
verso la bettola allora, proprio per evitare quei modi da matto di Toni Boi, e
Carlo bofonchia tra sé, mentre cammina in mezzo agli altri, che lui non lo
sopporta, e meno lo vede meglio si sente. Antonio resta fermo per un attimo,
tornando a farsi silenzioso, poi si muove lentamente scorrendo lungo la strada principale
polverosa, e piegando in seguito per la viuzza che porta all’officina di Aldo
Ferretti. Si ferma davanti ad una macchina ferma, sul piazzale davanti al posto
di lavoro di Niocke, e senza dire niente aspetta che qualcuno lo noti. Si fa
avanti proprio Niocke, a un certo punto, giusto per chiedergli che cosa stesse
facendo lì in piedi, e Antonio gli spiega in fretta che forse potrebbero andare
in biblioteca, quando ha terminato il suo orario di lavoro. <<Va
bene>>, fa Niocke; <<ma adesso vai, che Aldo non vuole vedere degli
estranei girellare attorno>>.
Bruno Magnolfi
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