<<Fa
presto un sogno a diventare un incubo. Cadeva una pioggerellina inconsistente,
visto peraltro che nessuno in paese sembrava si fosse preoccupato di uscire con
l’ombrello. Poi si faceva più fitta e all’improvviso tutti si accorgevano che
non c’erano tettoie, gronde, cornicioni che potessero riparare le persone.
Coloro che si trovavano per strada di colpo erano soli, ognuno preoccupato del
proprio bagnarsi, ed anche se quegli individui vagavano nervosamente alla
ricerca di un posto qualsiasi dove proteggere la propria persona dall’acqua
insistente e copiosa, di fatto mostravano così tutta la propria fragilità, ed
ognuno si trovava solo ed emarginato, incapace di fronteggiare gli eventi sempre
più incalzanti>>. Il portiere della squadra, giunto presto sul posto,
racconta tutto ciò ad un amico anche lui arrivato con anticipo, mentre se ne
stanno seduti su di una panchina in attesa dell’arrivo al campo sportivo degli
altri giocatori e del loro allenatore. Marco ancora non c’è, e nemmeno Niocke,
che generalmente si fa vedere agli allenamenti sempre un po’ in ritardo, per
via della corriera che rispetta degli orari tutti particolari. L’altro guarda
il portiere e forse immagina che dietro al racconto che ha appena ascoltato ci
sia una personalità in fondo sofferente del ruolo in squadra che si è scelto,
sempre da solo, custode unico di un varco verso cui è obbligatorio opporre
tutte le proprie forze per riuscire a rendere indiscutibile il suo impegno e certe
volte miracoloso ogni proprio intervento. <<Forse sei depresso, almeno in
questo periodo>>, gli dice dopo un breve pausa.
Il portiere
abbassa la testa, probabilmente non è d’accordo, ma infine si spiega: <<Credo
che stiamo attraversando un momento con tutta la squadra in cui ognuno si vede
costretto a stringersi nelle proprie spalle, a ripensare il proprio ruolo, le
proprie capacità, il proprio impegno; sicuramente questo porterà alla fine
anche ad un certo miglioramento, ma soltanto il tempo sarà capace di mostrare i
risultati. Fino adesso avevamo giocato in maniera distesa, tranquilla, senza
preoccuparci troppo del gioco e anche dei punteggi, ma ora le cose hanno preso
un’altra piega, e non credo che questo sia un fatto negativo, anche se dobbiamo
fortificarci ognuno nella propria carica, e soprattutto smetterla di pensare
che senza un gioco ben orchestrato dall’affiatamento riusciamo ugualmente ad
essere competitivi>>. L’altro annuisce, non aveva mai riflettuto a cose
del genere, però non trova niente da ridire sulle conclusioni a cui è giunto il
portiere della loro squadra di calcio, ed alla fine sente all’improvviso che da
ora in avanti ci sarà la necessità di un maggiore impegno da parte di tutti.
Poi arriva
Marco, sempre con la sua espressione scanzonata e divertita, saluta in fretta
gli altri due, quindi si siede accanto, e poi li guarda per un attimo, prima di
chiedere: <<Che succede; sembra quasi che qualcuno vi abbia appena
offeso>>. I due sorridono, non è facile spiegare le loro riflessioni,
specialmente ad uno come Marco sempre un po’ superficiale e facilone nelle
proprie cose. Per cui neanche desiderano provarci, limitandosi alla conclusione
a cui sono appena giunti: <<In campo dobbiamo essere più squadra>>,
dice il portiere senza mezzi termini. <<Mostrare maggiore affiatamento,
con più collegamenti tra un giocatore e l’altro, altrimenti proseguiamo a svolgere
ognuno di noi la propria partita e basta>>. Arriva l’allenatore, che
saluta tutti e apre svelto la porta degli spogliatoi, così i ragazzi vanno
dietro a lui per indossare le magliette e i pantaloncini, mentre giungono anche
gli altri, compreso Niocke che come sempre se ne rimane anche oggi un po’ in
disparte. Marco vorrebbe replicare qualcosa al suo amico portiere, ma non trova
le parole da dire e tantomeno gli argomenti che vorrebbe tirare fuori, così
resta in silenzio, anche se cerca di pensare alla sua maniera di non essere
d’accordo con quel che gli hanno appena riferito.
<<La
colpa è tutta di questo nuovo arrivo>>, dice sottovoce al suo amico
portiere. <<Ci ha nesso in una condizione diversa, di cui proprio non
sentivamo la necessità>>. L’altro lo guarda, mentre indossa la divisa, e
infine dice: <<Questa può essere un’opportunità di crescita per tutti e
per tutta la squadra, se ci pensi bene. Dobbiamo smetterla di andare avanti per
simpatie, per amicizia o per insofferenza. Il nostro scopo non è questo, dobbiamo
amalgamarci di più, e poi cercare di affrontare ogni partita con la squadra
avversaria in modo più compatto tra di noi>>. Niocke, intanto, si è già
sistemato, ha riposto le sue cose dentro l’armadietto e poi è uscito fuori
dagli spogliatoi, forse per andare a parlare con l’allenatore. <<Se ripenso
che è stato proprio mio padre ad incoraggiarlo per venire qui, mi viene voglia
di arrabbiarmi con lui appena rientro a casa>>, dice Marco tra sé, senza
riferirsi a nessuno in particolare, ma adesso con voce più alta. Quindi tutti
escono sul campo di calcio, ed iniziano la fase del riscaldamento, correndo in
file ordinate lungo il perimetro. Anche Niocke corre, ma avverte sempre di più
che c’è qualcosa che non fila bene, e che forse il suo schieramento in campo
sta rischiando via via di gettare tra i ragazzi più scompiglio che solidarietà.
Bruno
Magnolfi
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