Caro Diario, torno a scriverti adesso,
ma soltanto per dirti che oggi ho visto trascorrere una delle giornate peggiori
da quando sono al mondo. Stamani, come ti avevo scritto in precedenza, si è
tenuto il raduno e la manifestazione contro il razzismo nel nostro piccolo paese
di Pian dei Fossi, ma alla fine, ringraziando anche la pioggia incessante della
mattinata, ci siamo ritrovati davvero in pochi tra coloro che in precedenza
avevano dichiarato la personale necessità di stare nella piazza del Comune per
formare questo corteo debitamente autorizzato. Già tutto ciò mi ha provocato
immediatamente un certo dispiacere, appena mitigato dal fatto che erano
presenti a dar vita al corteo sia mio cugino Marco, che la mia amica Laura, oltre
naturalmente a Niocke che si è messo subito al mio fianco, tanto che sembrava
quasi d’essere come ogni mattina alla fermata della corriera per andarcene al
liceo. C’erano soprattutto molti Carabinieri nella piazza, peraltro armati e
protetti di tutto punto, anche se a mio parere non ce n’era affatto la
necessità visto il carattere pacifico della nostra protesta, e se questo in un
primo tempo mi aveva impresso una certa preoccupazione, in un secondo tempo la
loro presenza mi ha confermato l’importanza della giornata e di questa
iniziativa studentesca. Mi sono rilassata, caro Diario, e nonostante dovessimo
tenerci costantemente sotto agli ombrelli per evitare di bagnarci in modo
completo, in ogni caso ho pensato che il gesto generoso di essere lì a
manifestare per un diritto che reputo sacrosanto, fosse l’elemento di gran
lunga più importante nei confronti di qualsiasi eventuale lamentela. Abbiamo
sfoderato il nostro piccolo striscione allestito per l’occasione il giorno
avanti, e con orgoglio ci siamo messi alle spalle di quella scritta che pareva
riguardare tutti quanti. Immaginavo già di camminare con orgoglio davanti alle
botteghe di Pian dei Fossi, e di dimostrare ai miei compaesani quanto poco ci
volesse per far propria una battaglia apparentemente distante da tutti come
quella contro il razzismo.
Caro Diario, i Carabinieri in quei
momenti proseguivano a guardarci da dietro alle loro lucide visiere plastiche
ed agli scudi, ma con degli sguardi bonari, con atteggiamenti rilassati, immobili,
quasi a proteggere il nostro iniziale incamminarci, come se quell’allineamento
in una piccola colonna di ragazzi che manifesta profondamente certi ideali, segnasse
un sentimento che avrebbero potuto provare nel proprio intimo persino tutti
loro, se in quel momento non fossero stati inguainati nelle divise. Ma ad un
tratto, caro Diario, tutto è cambiato, senza che noi del corteo avessimo
sospettato alcuna variazione d’intenti. Abbiamo avvertito alle nostre spalle qualche
scatto metallico, poi uno sparo o due, e subito dopo è giunta proprio davanti
ai nostri piedi una di quelle bombe fumogene che immediatamente ci ha spaventato
a morte e fatto piangere senza alcuna possibilità di trattenerci. Con le mani
sugli occhi abbiamo sentito da dietro giungere a quel punto il rumore forte e
inequivocabile di tutti quegli scarponi anfibi che loro indossavano correndo
verso noi, e con un guizzo di salvaguardia personale abbiamo iniziato a correre
subito in avanti, lungo i muri delle case, cercando di allontanarci velocemente
e di disperderci nelle strade laterali. Ad occhi chiusi, con le mani sulla
faccia, ognuno nella propria disperazione ha cercato di mettersi in salvo così come
poteva, ed io, dopo la corsa senza fiato e tutti gli organi del corpo che sembravano
scoppiarmi, mi sono fermata per un momento a prendere aria appoggiandomi al
portone chiuso di una casa, ma proseguendo a piangere per gli occhi irritati al
massimo, mentre cercavo di comprendere se fossi ormai rimasta del tutto sola o
se qualcuno dei ragazzi per caso mi avesse seguito fino lì.
Poco distanti da dove mi trovavo mi
sono resa conto che c’erano soltanto un paio dei miei compagni, piagnucolanti e
impauriti esattamente come me, desiderosi soltanto di tornare in fretta nelle
loro case, come se fossero animali braccati da un feroce predatore. Ci siamo
asciugati gli occhi, ognuno come poteva, poi ci siamo allontanati senza neppure
dirci niente, e quindi tutto è come svanito poco per volta come un incubo, come
una di quelle cose che in seguito non si desidererebbe neppure ricordare. Mille
domande, mille dubbi, mille pensieri però mi attraversavano la mente mentre
tornavo verso casa mia, e soprattutto mi chiedevo cosa ci fosse stato di
sbagliato nel nostro comportamento. Eravamo un pugno di studenti che non poteva
rappresentare per alcun motivo un pericolo per nessuno; avevamo espressioni
tranquille, gesti calmi, nessuna arma con noi, possibile dover subire un
attacco così violento ed improvviso dalle Forze dell’Ordine senza avere in
questo modo alcuna colpa? Caro Diario, adesso che ti scrivo non so ancora
spiegarmi il motivo scatenante di tutto quello che è accaduto, però so con
certezza che questa è stata per noi, che desideravamo soltanto stimolare la
coscienza dei nostri concittadini troppo spesso adagiati nell’inattività, una
giornata da incubo, qualcosa che non avremmo mai neppure lontanamente
immaginato. Ne ho parlato con mio padre, ma neanche lui è stato in grado di
darmi spiegazioni. Così il nostro legittimo moto antirazzista sembra sia stato
duramente represso proprio sul nascere, fino a minarne ogni sviluppo persino
nel futuro.
Bruno Magnolfi
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