giovedì 9 ottobre 2025

Futuro oscurato.


            Caro Diario, torno a scriverti adesso, ma soltanto per dirti che oggi ho visto trascorrere una delle giornate peggiori da quando sono al mondo. Stamani, come ti avevo scritto in precedenza, si è tenuto il raduno e la manifestazione contro il razzismo nel nostro piccolo paese di Pian dei Fossi, ma alla fine, ringraziando anche la pioggia incessante della mattinata, ci siamo ritrovati davvero in pochi tra coloro che in precedenza avevano dichiarato la personale necessità di stare nella piazza del Comune per formare questo corteo debitamente autorizzato. Già tutto ciò mi ha provocato immediatamente un certo dispiacere, appena mitigato dal fatto che erano presenti a dar vita al corteo sia mio cugino Marco, che la mia amica Laura, oltre naturalmente a Niocke che si è messo subito al mio fianco, tanto che sembrava quasi d’essere come ogni mattina alla fermata della corriera per andarcene al liceo. C’erano soprattutto molti Carabinieri nella piazza, peraltro armati e protetti di tutto punto, anche se a mio parere non ce n’era affatto la necessità visto il carattere pacifico della nostra protesta, e se questo in un primo tempo mi aveva impresso una certa preoccupazione, in un secondo tempo la loro presenza mi ha confermato l’importanza della giornata e di questa iniziativa studentesca. Mi sono rilassata, caro Diario, e nonostante dovessimo tenerci costantemente sotto agli ombrelli per evitare di bagnarci in modo completo, in ogni caso ho pensato che il gesto generoso di essere lì a manifestare per un diritto che reputo sacrosanto, fosse l’elemento di gran lunga più importante nei confronti di qualsiasi eventuale lamentela. Abbiamo sfoderato il nostro piccolo striscione allestito per l’occasione il giorno avanti, e con orgoglio ci siamo messi alle spalle di quella scritta che pareva riguardare tutti quanti. Immaginavo già di camminare con orgoglio davanti alle botteghe di Pian dei Fossi, e di dimostrare ai miei compaesani quanto poco ci volesse per far propria una battaglia apparentemente distante da tutti come quella contro il razzismo.

            Caro Diario, i Carabinieri in quei momenti proseguivano a guardarci da dietro alle loro lucide visiere plastiche ed agli scudi, ma con degli sguardi bonari, con atteggiamenti rilassati, immobili, quasi a proteggere il nostro iniziale incamminarci, come se quell’allineamento in una piccola colonna di ragazzi che manifesta profondamente certi ideali, segnasse un sentimento che avrebbero potuto provare nel proprio intimo persino tutti loro, se in quel momento non fossero stati inguainati nelle divise. Ma ad un tratto, caro Diario, tutto è cambiato, senza che noi del corteo avessimo sospettato alcuna variazione d’intenti. Abbiamo avvertito alle nostre spalle qualche scatto metallico, poi uno sparo o due, e subito dopo è giunta proprio davanti ai nostri piedi una di quelle bombe fumogene che immediatamente ci ha spaventato a morte e fatto piangere senza alcuna possibilità di trattenerci. Con le mani sugli occhi abbiamo sentito da dietro giungere a quel punto il rumore forte e inequivocabile di tutti quegli scarponi anfibi che loro indossavano correndo verso noi, e con un guizzo di salvaguardia personale abbiamo iniziato a correre subito in avanti, lungo i muri delle case, cercando di allontanarci velocemente e di disperderci nelle strade laterali. Ad occhi chiusi, con le mani sulla faccia, ognuno nella propria disperazione ha cercato di mettersi in salvo così come poteva, ed io, dopo la corsa senza fiato e tutti gli organi del corpo che sembravano scoppiarmi, mi sono fermata per un momento a prendere aria appoggiandomi al portone chiuso di una casa, ma proseguendo a piangere per gli occhi irritati al massimo, mentre cercavo di comprendere se fossi ormai rimasta del tutto sola o se qualcuno dei ragazzi per caso mi avesse seguito fino lì. 

            Poco distanti da dove mi trovavo mi sono resa conto che c’erano soltanto un paio dei miei compagni, piagnucolanti e impauriti esattamente come me, desiderosi soltanto di tornare in fretta nelle loro case, come se fossero animali braccati da un feroce predatore. Ci siamo asciugati gli occhi, ognuno come poteva, poi ci siamo allontanati senza neppure dirci niente, e quindi tutto è come svanito poco per volta come un incubo, come una di quelle cose che in seguito non si desidererebbe neppure ricordare. Mille domande, mille dubbi, mille pensieri però mi attraversavano la mente mentre tornavo verso casa mia, e soprattutto mi chiedevo cosa ci fosse stato di sbagliato nel nostro comportamento. Eravamo un pugno di studenti che non poteva rappresentare per alcun motivo un pericolo per nessuno; avevamo espressioni tranquille, gesti calmi, nessuna arma con noi, possibile dover subire un attacco così violento ed improvviso dalle Forze dell’Ordine senza avere in questo modo alcuna colpa? Caro Diario, adesso che ti scrivo non so ancora spiegarmi il motivo scatenante di tutto quello che è accaduto, però so con certezza che questa è stata per noi, che desideravamo soltanto stimolare la coscienza dei nostri concittadini troppo spesso adagiati nell’inattività, una giornata da incubo, qualcosa che non avremmo mai neppure lontanamente immaginato. Ne ho parlato con mio padre, ma neanche lui è stato in grado di darmi spiegazioni. Così il nostro legittimo moto antirazzista sembra sia stato duramente represso proprio sul nascere, fino a minarne ogni sviluppo persino nel futuro.

 

            Bruno Magnolfi

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