venerdì 7 agosto 2009

Differenti.

            

            La città sembrava sterminata visitandola a piedi. Incontravi centinaia di visi sconosciuti e nessuno di loro faceva caso al tuo sguardo. Osservavi tutti quei marciapiedi, i negozi, l’asfalto stradale, fino a che tutto, poco per volta, diventava omogeneo, privo di particolari di sorta. Il susseguirsi di incroci, di piazze, di alberi stenti, di case e palazzi dalle facciate monotone sembrava privo di qualsiasi rilievo, come se solo la frequentazione assidua e costante di tutto quell’insieme di cose potesse evidenziare qualche caratteristica di scarso risalto, ed il resto fosse conforme ad un unico stile. Un cane randagio avrebbe potuto aggirarsi tra strade e viali affidandosi unicamente al suo naso, alle scie degli odori di cui sicuramente era pieno un territorio così variegato, costituito da bar, ristoranti, giardinetti di scarso rilievo, fermate degli autobus, punti di raccolta per spazzatura e nettezza. E tutta la gente continuava a incrociarsi e a scansarsi, chi più di fretta chi meno, con il loro bagaglio di cose da fare, da pensare, da essere, immedesimandosi ognuno in un solo personaggio possibile: il cittadino. Alla sera qualche volta pioveva, e l’asfalto bagnato rendeva quel panorama ancora più impersonale, con le auto che schizzavano l’acqua, e con gli ombrelli che si muovevano a sciami, lungo i marciapiedi del centro. Essere soli dentro ad una città come quella è una contraddizione incredibile, forse basta un saluto, un piccolo scontro fortuito, un sorriso diretto a qualcuno, e tutta quella realtà generale così disarmante si trasforma in un attimo, aprendo le porte ai dettagli, ai particolari più piccoli, alle parole e alle frasi da scegliere e pronunciare con calma, grati di quell’attenzione guadagnata con poco. Alfredo era solo un viandante, un barbone, di passaggio per quella città, avrebbe passato la notte nella stazione dei treni, non poteva farne a meno, ma l’indomani non sarebbe rimasto per nessuna ragione. Quando raccolse quel libro, lo fece d’istinto, ma la signora che si volse verso di lui comprese perfettamente la generosità che stava dentro a quel gesto. Lo ringraziò, gli chiese il suo nome, avrebbe voluto dargli dei soldi, ma forse sarebbe stato offensivo, così lo invitò a casa sua, per fargli conoscere i figli, disse, la sua famiglia. Alfredo cercò di schernirsi, non si sarebbe sentito a suo agio, disse sincero, ma la signora insistette, abitava giusto a due passi. “Va bene, la seguo”, disse con l’intonazione più dolce che ricordasse del tempo in cui ancora non viveva per strada, e aveva un lavoro, una casa, e si sentiva come tutti quegli altri, le persone normali, non come adesso, che la sua vita era ridotta ad un niente, ad un giorno per giorno in cui trovare qualcosa di buono da mettere dentro allo stomaco, e una cuccia dove passare la notte. La signora era gentile, lo fece sedere, pur sporco com’era, gli dette i biscotti, del tè, del vino dolce che teneva di scorta, lo fece parlare, e Alfredo usò poche parole per descrivere quale sfortuna lo avesse portato ad essere un niente, anche se gli pareva di dire delle cose scontate. Poi si fermò, lasciò perdere qualsiasi convenevole, si ricordò che era stato insegnante nelle scuole di stato, anche se era trascorso del tempo, disse che il libro che era caduto dalle braccia della signora avrebbe potuto essere scritto da lui, perché anche lui tanti anni fa aveva pubblicato qualcosa; disse che in quella città, come in ogni città, si vivevano dei rapporti falsati, che ognuno era accecato dal proprio egoismo, che si fingeva una generosità inesistente, che tutto era inutile, le persone erano tutte diverse l’una dall’altra, ed ognuna viveva soltanto la superficie della realtà. Disse che ognuno era dentro a una cella, costretto a convivere solo con una piccola parte delle cose possibili, e questo valeva per tutti, non c’era bisogno di fingersi buoni o più generosi, era questione di struttura sociale, di politica, di atteggiamento borghese che definiva perfettamente ogni classe, senza possibilità alternativa. Silenzio, Imbarazzo. Il marito congedò Alfredo con quattro parole, e lo lasciò uscire di casa che ancora pioveva, ma lui si sentiva ugualmente contento: aveva fatto il suo recital, la dimostrazione effettiva che non ci potevano essere davvero rapporti tra due classi sociali così differenti.


            Bruno Magnolfi

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