La casa sul lago appariva immobile,
solo leggermente tremolante nei suoi contorni dentro al riflesso dell’acqua. Da
lontano pareva appoggiata proprio alla fine della collina sovrastante, dentro ad
uno spiazzo orizzontale inventato dalla natura proprio per lei, come a lasciare
un luogo di vedetta da cui ammirare quella natura. L’ultimo tratto di strada
era tutto malandato e sconnesso, ma quando si riusciva a fermarsi e a spegnere
il motore dell’auto sul piccolo piazzale dietro alla casa di selce,
immediatamente arrivava un silenzio e una pace che giustificavano qualsiasi
sacrificio per arrivare fin lì. Il bosco attorno allo spiazzo che racchiudeva
la casa era tutto costituito da alberi adulti, giganteschi con quei tronchi
spesso diritti, su verso il cielo, a troneggiare sul tetto, la loggia di
fianco, la grande terrazza appoggiata sull’acqua, quasi a rimpicciolire i
contorni di tutto ciò che costituiva quella abitazione isolata, frutto di una
scommessa col mondo: restarsene separata da tutto.
Pensare di dare una festa, o attirare
persone fin lì senza una motivazione precisa superiore ai comportamenti
mondani, era impensabile: troppo lontano da tutto, quel luogo, troppo isolato,
forse troppo romantico se non per stare due o tre giorni nel silenzio completo
a leggere libri, a parlare sottovoce, a gustare un silenzio irreale. Si erano
ritrovati in diversi quel giorno, consapevoli di quello che avrebbero scoperto
arrivando alla casa, tutti ragazze e ragazzi, uomini e donne, conoscenti ed
amici, in tutto dieci persone, che avevano preso in affitto quel posto per
riunirsi in un modo un po’ insolito, e restarsene lontani da ogni altra cosa
forse per indagare entro se stessi, allontanare dalla mente la noia borghese di
sempre, e lasciare che il pensiero assumesse una forma diversa, qualcosa che
desse la misura negativa della evanescente quotidianità.
Avevano preso una sedia ciascuno,
senza neanche suggerirselo a vicenda, e si erano piazzati sopra la grande
terrazza, quasi senza parlare, solo assumendo punti di vista e posizioni
diverse per osservare con calma l’acqua del lago. Il sole rosseggiava su un
fianco, ed il lago riproduceva il profilo della collina di fronte
raddoppiandone la maestosità e la leggerezza, tracciandone un’impercettibile
linea laggiù, sull’altra riva. Ci sarebbe voluta probabilmente un’altra ora al
tramonto, e quei raggi scaldavano ancora ogni superficie in modo piacevole,
fiammeggiando i colori in un modo sublime, mescolandoli ad un fondo pieno e
maturo. Non c’era bisogno di pensare ad un futuro oltre quell’ora: tutto in un
attimo si sarebbe spento nella vallata, dopo quel breve tempo, e il mondo
avrebbe capovolto se stesso proiettando ogni cosa in un suo aleatorio rovescio.
Piero era contento di essere riuscito
a trascinare tutti fin lì, di aver riunito quelle persone in quel luogo
convincendoli soltanto con poche parole, con la sua capacità di far
immedesimare gli altri nelle sue fantasie, ma aveva desiderato tanto quello che
relativamente con facilità aveva ottenuto, che adesso non sapeva del tutto cosa
aspettarsi dalla situazione creata. All’improvviso quel silenzio gli metteva
paura, sembrava che i pensieri di tutti agissero come a formare qualcosa di cui
ognuno non fosse cosciente. Lui avvertiva quella vibrazione che univa le menti
e ne moltiplicava ogni potenzialità, e mentre il sole cadeva oltre
quell’orizzonte, pareva che un potere diverso assumesse i contorni del loro
riunirsi, come una forza che sfuggisse al loro controllo per andare a
scagliarsi chissà contro chi, o contro cosa.
Lentamente, alle spalle di tutti, Piero
si era alzato dalla sua sedia, era scivolato verso la casa mentre il sole
moriva, e subito prima di entrare si era voltato ancora, impaurito, dalla parte
degli altri che erano rimasti lì, immobili. Era stato allora che tutti si erano
girati a guardarlo, come se lui fosse diverso, come se lui fosse una persona
lontana dagli altri, come se loro avessero assunto all’improvviso un potere comune
di cui lui era immune, e in funzione di questo, adesso appariva da solo,
terribilmente da solo.
Bruno Magnolfi
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