Non c’è niente di male, pensa Riccardo;
cammino, giro con calma queste strade monotone, rifletto sulle mie cose,
incontro altra gente che mi viene incontro, e a qualcuno sorrido, come se una
sorta di solidarietà ci posizionasse vicino, o almeno dallo stesso lato del
mondo. In fondo tutte le persone sono buone, penso, non si sognerebbero mai di
fare del male, sono solo le condizioni di vita che certe volte riservano degli
strani malesseri, che ci mettono in una condizione difficile, in cui la realtà
viene vissuta come qualcosa di ostile, di mal digeribile, ed ecco che
l’insopportabilità nei confronti degli altri è subito prossima, e tutto si
perde in una nuvola confusa e misteriosa entro la quale ci scagliamo contro il
primo che capita.
A me non accadrà
mai niente del genere, penso; e intanto Riccardo percorre una strada ed
osserva lo strano modo di camminare di un’anziana signora che lo precede: si
muove con una lentezza quasi estenuante, come se qualsiasi movimento le
procurasse dolore, e guarda soltanto il tratto di via davanti ai suoi piedi,
come se niente di ciò da cui è circondata la interessasse. Lui l’affianca con
calma, e con una certa metodica le sfiora un braccio, tanto per rompere il filo
dei pensieri di cui sembra preda; lei volta la faccia verso Riccardo, lo
scruta, ha quasi uno sguardo di rimprovero nei suoi confronti, e intanto piega
la bocca in una espressione forse amareggiata, come se tutto ciò che non riesce
a tenere sotto controllo fosse a lei estraneo, quasi un fastidio.
Lui le sorride, le chiede se vuole essere aiutata ad
attraversare la strada, a portarle la borsa o ad esserle di sostegno in qualcosa
del genere, ma lei non risponde, continua a fissarlo, si ferma, aspetta
soltanto che Riccardo se ne vada. Un osso
duro questa signora, penso; non riesce a capire che si possono avere dei gesti
generosi verso gli altri, non ha poi alcuna importanza se non ne abbiamo motivo
apparente per farli. Lei sta ferma e guarda Riccardo, e anche lui adesso si
è arrestato ad una distanza di un metro o anche più. Continua a sorridere come
per incoraggiarla, ma lei si volta di fianco, lo scarta, e riprende la medesima
andatura di prima, come se non avesse neppure il tempo per potergli rispondere.
La lascio perdere,
in fondo non mi interessa battibeccare con una persona del genere, però sono
dispiaciuto, non se ne trova facilmente di persone simili a me, penso,
proiettate così verso gli altri. Riprende a camminare con un certo disagio,
Riccardo, come se qualcuno lo avesse sgridato, come gli avessero detto che non
serve a nessuno, ma dopo pochi passi qualcuno lo chiama da dietro: giovanotto,
gli dicono, ed è la stessa signora di prima a chiamarlo; le è caduto qualcosa, mi fa, lì a terra, subito dietro di lei. Mi
volto, osservo il mio fazzoletto sul marciapiede, sono pronto quasi a
sorridere, a ringraziare, ad abbassarmi per raccogliere quanto è scivolato
dalla mia tasca, ma poi ci ripenso: non importa, dico, oggi posso fare a meno
di tutto, persino di un fazzoletto, e riprendo la mia camminata.
No, non c’è niente di male, pensa ancora Riccardo; posso girare fino allo strenuo delle forze
lungo queste strade, e continuare a pensare tutto quello che voglio, ma forse
non imparerò mai quanto sia difficile sentirsi davvero con gli altri, assieme a
loro, dalla medesima parte, come non esistesse neppure una possibilità
differente.
Bruno Magnolfi
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