Lo so che là fuori ci sono un sacco di persone. Ma non
importa, io mi limito ad osservarle qualche volta, quando mi affaccio alla
finestra, anche se soltanto per pochi minuti, nel terrore che qualcuno possa
voltare lo sguardo fin su in alto, su di me, incuriosito forse dai miei modi,
dalla mia perenne titubanza, dalla mia espressione preoccupata. Resto in casa,
certo, per tutto il tempo che questo mi è possibile, però certe volte mi rendo
conto, dai rumori e dagli schiamazzi, che ci sono dei ragazzi che stanno
giocando a rincorrersi nel cortile sul retro, oppure che qualche giovanotto sta
strombazzando lungo la strada con la sua motocicletta o con la sua
automobile.
Ascolto attonito lo stridore dei freni delle vetture,
certe volte, e sento di provare paura per tutto ciò che può accadere da un
momento all’altro. Così quando devo uscire di casa lo faccio con circospezione,
osservando attorno a me tutto quanto possa manifestarsi come un pericolo:
lancio continuamente occhiate a destra ed a sinistra, cammino il più vicino
possibile ai muri delle case, non saluto mai nessuno, anche se incontro qualche
vicino che forse riesce a riconoscermi; non me la sento di rischiare che
qualcuno mi rivolga delle domande, che mi chiedano magari le solite ovvietà:
come io stia, se mi sembri una giornata bella, o forse se per quel giorno, come
sembra, io mi sia deciso a fare una deliziosa passeggiata.
Non ho alcun interesse nel far parte di una conversazione
costituita di convenienze e di formalità: immagino tutta quella serie di
persone che mi vengono vicino, che mi osservano, rivolgono proprio a me tutti i
loro discorsetti insulsi, ed io provo un formidabile desiderio di rifugiarmi di
nuovo dentro casa, di allontanarmi il più possibile da loro, da quei loro modi
insopportabili. Immagino che qualcuno ormai si immagini tutto di me, che sappia
della mia esistenza ritirata, e forse mi controlli, fingendo di leggere il
giornale da sopra al marciapiede, probabilmente proprio sotto a queste mie
finestre.
Certe volte poi, a notte fonda, quando tutti ormai sono a
dormire, ecco che mi sveglio, mi alzo dal letto con circospezione, vado in
cucina e mi bevo un sorso d’acqua. In certi casi mi avvicino alla finestra,
guardo la strada deserta, rischiarata dai lampioni: i miei pensieri mi spingono
laggiù, lungo la strada, in mezzo a quelle case che riesco ad osservare, e mi
ritrovo a girellare tra quei marciapiedi deserti, a godere di quel meraviglioso
silenzio, di tutto quel deserto di persone, di quella gigantesca assenza, ma
infine avverto tutto questo come un gesto inutile, perché non avrebbe alcun
significato, solo per questo, immaginarsi di essere libero dalle mie
preoccupazioni, così attendo con pazienza il risveglio di tutta la città, il
lento riavviarsi dei fermenti, della voglia di fare di tutte le persone, di
tutta quella gente che si muove, che si guarda attorno, che sta attenta alle
cose, e che sa perfettamente come io sia ancora qui, dietro alla finestra, soltanto
momentaneamente protetto da queste mie solide mura.
Bruno Magnolfi
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