Si doveva passeggiare, non si poteva fare altro, ed io pensavo
che invece avrei potuto tirare un sasso e colpire chiunque, chiunque volessi;
questo pensavo quando si passeggiava. Le persone mi guardavano, ma io non
desideravo mai essere guardato, perciò chiudevo gli occhi, a volte, oppure
guardavo da tutta un’altra parte. Poi lasciavo perdere tutti quei loro sguardi,
la smorfia che in genere facevo era di indifferenza, come se non mi
interessasse niente, o non fossi proprio lì, ma all’improvviso pensavo di nuovo
che con facilità avrei potuto colpirli tutti quanti con un sasso, bastava lo
avessi voluto.
L’accompagnatore diceva che quello si chiamava
passeggiare, ma a me non importava niente: mi guardavano, questo era essenziale
e tremendo, ed io pensavo che un giorno o l’altro avrei dovuto farli smettere.
Non era il posto mio, quel passeggiare, troppa gente, e fortunatamente da ogni
parte al bordo della strada c’erano dei sassi e mi sentivo protetto in qualche
modo, capace di colpire gli individui che guardavano con una semplice sassata.
Sembravano tutti contenti di guardare, e continuavano a parlare e a volgere lo
sguardo da una parte all’altra e inevitabilmente su di me.
L’accompagnatore mi chiedeva qualcosa, ma di rado, tanto
io non rispondevo: grugnivo ogni tanto, questo si, ma solo per fargli capire
che avrei potuto tirare dei sassi in qualsiasi momento e colpire tutte le
persone che guardavano. Non lo sopportavo quel passeggiare, c’era la gente, era
tremendo. Rimpiangevo la mia stanza, starmene da solo in tutta pace: continuare
a passeggiare in quel modo con quella gente dallo sguardo curioso non mi
riusciva di mandarlo giù. Perciò stavo in silenzio, e se chiudevo gli occhi
vedevo i sassi che avrei potuto tirare, soltanto se lo avessi voluto.
Invece ogni giorno l’accompagnatore mi veniva a prendere
per portarmi a quella passeggiata, ed io lasciavo fare, pensavo che magari quel
giorno non ci sarebbero state quelle solite persone, ma invece erano là, come
ogni volta, e guardavano, ed io avevo voglia proprio di prenderli a sassate. Quando
l’accompagnatore mi lasciò accostato al muretto per andare a parlare con
qualcuno che forse conosceva, non riuscii proprio a resistere: presi un sasso,
uno di quelli grossi, e lo tirai con tutta la mia forza. Feci bene, sono
sicuro, perché da quel giorno non ci fu più per me la passeggiata.
Bruno Magnolfi
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