Resto
immobile, quanto più mi è possibile, fermo, ad osservare il silenzio nella mia
stanza, gli oggetti di sempre che mi circondano, questa luce al crepuscolo che
cerca ancora di dipingere tutte le cose con colori sempre più scuri, mentre
poco per volta prosegue a ritirarsi via, fuori dalla finestra, e poi ancora indietro,
fino a raggiungere, laggiù, il profilo dell’orizzonte. La mia solitudine non è
spaventosa, anzi, è l’unico momento in cui posso pensare e immaginare. Soltanto
ieri sono corso di nuovo da lei, nella stessa esatta maniera come mi ero
riproposto di non fare mai più. Sono sicuro che lei non meriti la mia
dedizione, le mie attenzioni, ma cosa importa, mi chiedo, piuttosto che
proseguire a nuotare in questo vuoto che spesso mi pesa, va bene anche così.
E’ un comportamento
stupido il mio, è evidente a chiunque che dovrei sforzarmi di cambiare,
mostrarmi più distaccato ai suoi occhi, meno assiduo di come proseguo imperterrito
ad essere. Lei mi guarda, con sguardo perlopiù indifferente, come fosse
incapace di provare delle vere e proprie emozioni, ed i suoi comportamenti in
genere si limitano a trattare tutto con un certo distacco. Ma non è sempre
così, io lo so, ci sono dei casi in cui il suo autocontrollo si fa meno
serrato, e riesce a dimostrarsi addirittura sensibile.
Ecco,
forse è proprio questo che mi proietta sempre in avanti: la speranza; anzi, la coscienza,
almeno per qualche occasione, di riuscire a sentirla vicina, con me, anche se
questo avviene per motivi che non sono ancora riuscito a capire. Ho cercato di
provocarla, qualche volta, darle della sfinge, oppure della falsa persona
enigmatica, ma non ho ottenuto mai alcun risultato, come se questi fossero
argomenti senza importanza. Certe volte mi sono sfogato con gli amici di
sempre, al caffè, e loro hanno detto tante volte che devo ribellarmi, che non è
il caso di continuare così.
Ma
io vado avanti, e anche ieri sono uscito di corsa per riuscire ad incontrarla
lungo il tratto di strada vicino casa sua. Passo da lì quasi per caso, la riconosco,
la saluto, mi offro di accompagnarla. Lei mi sorride, mi saluta, lascia che le
parli di qualcosa senza interrompermi, guardando avanti a sé, mentre cammina. Quando
arriviamo, lei mi osserva un momento, mi lascia un attimo di tempo, giusto per
dirle che mi piacerebbe passare la serata con lei, ma risponde subito no, poi
mi saluta e rientra, in quell’appartamento dove abita con la sua madre anziana.
Qualche
volta le ho chiesto se potevo telefonarle, ma lei ha sempre detto sottovoce che
era meglio evitarlo. Così anch’io torno a casa, camminando lentamente con la
testa sempre piena di nuovi pensieri, mi fermo al caffè a salutare qualcuno,
lascio che scherzino, che dicano qualcosa per prendermi in giro, poi arrivo al
mio appartamento e di nuovo sento di essere lì, immobile, senza alcuna differente
possibilità. Mi dispero, qualche volta, senza neppure sapere bene il perché, ma
quasi sempre sono contento almeno di averla veduta, di essere riuscito a
parlarle. Sono sicuro che le cose dovranno cambiare, ne sono convinto: è
soltanto una questione di tempo, e infine la mia costanza vedrà sicuramente una
variazione importante.
Bruno
Magnolfi