Dopo
essere rimasto in piedi, fermo per diversi minuti, era andato quasi di
malavoglia a sedersi sulla sua poltroncina preferita, sistemandosi con calma e stendendo
gli avambracci sopra i braccioli, facendosi immobile, come alla ricerca di un
pensiero che riuscisse ad occupargli la mente. Infine era dovuto tornare, poco
dopo, ad alzarsi di nuovo, senza un vero motivo, forse solo per appoggiare una
spalla alla parete comune del salottino e della cucina, dentro al suo
appartamento, proprio soltanto per restarsene lì, quasi paralizzato, come
incapace di qualsiasi altra cosa. Avrebbe potuto accendere la radio, perdersi
nell’ascolto di qualche programma musicale, oppure, sintonizzandosi su un’altra
stazione, apprendere le ultime notizie della cronaca o della politica; ma gli
pareva perfettamente adeguato quel silenzio, quella pacatezza completa, e così
cercava di starsene immobile ancora quanto gli era possibile, quanto riusciva a
resistere, non fosse altro almeno che per quei pochi minuti, i quali, per
qualche motivo sconosciuto al momento, gli apparivano così fondamentali.
Non
c’era niente che potesse fare in concreto, lo sapeva, ne era cosciente, questo
era il punto: niente che desse dimostrazione del suo sentirsi vivo, utile in
qualche maniera, capace di elaborare soluzioni. Cercava di ricordare qualcosa,
qualcosa che gli desse la spinta utile alle sue necessità del momento, ma
all’improvviso gli pareva proprio che niente di particolarmente importante,
degno di essere conservato nella memoria, fosse mai semplicemente accaduto in
tutta la sua lunga esistenza.
Lentamente,
quasi senza rendersene conto, era scivolato in cucina, si era versato un
bicchiere colmo d’acqua, e aveva iniziato a berne dei piccoli sorsi, pur senza
aver sete. Qualcosa dovrà pur succedere, aveva pensato, non può continuare tutto
così, all’infinito. Gli pareva che nulla potesse intervenire davvero ad
interrompere quel senso profondo di niente che lo stava trascinando verso la
mancanza totale di qualsiasi entusiasmo, eppure sentiva ancora dentro di sé la
forza per ribellarsi a quel vuoto che continuava a circondarlo, e a renderlo
prigioniero, anche se non riusciva a immaginare la maniera per ribellarsi.
Qualcuno aveva improvvisamente suonato
alla porta, come per dare una sciabolata a quei pensieri così inconcludenti, e
lui si era spostato, quasi per una reazione spontanea, verso l’ingresso del suo
appartamento: aveva socchiuso il battente, senza gran convinzione, ed aveva
osservato con interesse la persona che si era trovato davanti, lasciando con gentilezza,
pur senza conoscerla, che la ragazza che aveva di fronte gli dicesse
buongiorno, senza ombra di falsità, nella cornice di un largo sorriso. L’aveva
fatta subito accomodare, in fondo non aveva niente da perdere, e per parlare
meglio si erano spostati nel salottino, erano andati a sedersi, quasi una di
fronte a quell’altro, e lei aveva iniziato a dire qualcosa, quello che probabilmente
le stava più a cuore.
Avevano discusso pacatamente, per
un certo tempo, su alcuni argomenti generali, lei aveva subito insistito su
temi che a lui risultavano abbastanza familiari, fino a quando gli aveva
mostrato il contratto con il quale, firmandolo, lui si sarebbe impegnato ad
acquistare una serie di grafiche d’autore delle quali gli stava mostrando delle
semplici raffigurazioni, materiali originali firmati e numerati, autentici, opere
assolutamente di pregio. In fondo non era difficile dire di si, che tutto
andava bene, mostrarsi contento di quella opportunità che gli veniva offerta addirittura
in casa sua. Anche se non aveva scelto lui tutto quanto, se non era andato a
cercare niente di ciò che adesso gli veniva proposto, eppure ogni cosa appariva
perfetta, non trovava niente su cui recriminare.
Infine le cose si erano sistemate,
lei era uscita dalla porta con il medesimo sorriso con cui era entrata, e lui
si era sentito migliore, capace ancora di valutare positivamente le proprie
esperienze. Quando ormai, rimasto solo, era tornato a sedersi sulla sua
poltroncina, si era sentito improvvisamente sicuro di avere acquisito qualcosa
che non osava neppure sperare: era contento di quella opportunità a cui aveva
aderito con entusiasmo, e poi la ragazza gli aveva lasciato, forse senza
volerlo, inconsciamente con ogni probabilità, quasi per lasciargli un segno di
sé, la penna con cui aveva annotato i suoi dati e con la quale lui aveva
firmato quei fogli: un oggetto da poco prezzo, senz’altro, ma per lui, in quel
momento, di uno strano, particolare, inestimabile valore.
Bruno Magnolfi
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