giovedì 9 febbraio 2012

Il ripristino della situazione precedente.


            
            Poco distante da me, proprio davanti ai miei occhi, la realtà scorre senza alcuna difficoltà, come seguendo un percorso che non prevede incertezze. Gli alberi nel vento si incurvano, le persone per strada si stringono nei loro cappotti, ambiscono raggiungere le proprie abitazioni, rilassare i nervi tesi, uscire da situazioni ostiche, così impersonali, che tolgono qualcosa senza riuscire ad offrire niente nel cambio.
            Vado in giro senza preoccuparmi di nulla, osservo i comportamenti delle persone che incontro, attendo quasi con impazienza che qualcuno mi chieda spiegazioni sul mio modo di pormi di fronte alle cose, o sulla maniera con cui considero tutto. Un uomo si ferma, mi osserva un momento, dice: oggi niente è una verità definita; ciò che appare spesso nasconde il contrario, ogni dato viene fatto credere legge, ma è soltanto per un tornaconto che è quasi divenuto usuale, tanto da risultare persino prevedibile. Non esiste un responso, tanto vale non credere niente.
            Osservo qualcosa in fondo alla strada, annuisco; mi sposto ad osservare una pubblicità sopra un muro: forse ha ragione, penso, ogni elemento serve a qualcuno, e tutti insieme ruotano su una giostra infernale. Vado avanti, il senso di angoscia mi pare si acuisca se cerco di comprendere qualcosa di più, così torno indietro, verso la stessa persona che mi ha parlato poco prima, e cerco con lui di essere scherzoso, di alleggerire le cose.
            Va bene, dice qualcuno dietro di noi; è giusto lasciare ogni preoccupazione al di fuori, possiamo andare in un bar, bere una birra, parlare di niente e sentirsi in sintonia completa, dimenticandoci di tutto e divertendoci di fronte alla nostra capacità di sentirsi al di fuori. Ci avviamo, si entra dentro al locale, ma all’improvviso a me sembra che le cose non stiano in piedi, almeno così come sono state impostate; mi guardo attorno, quasi senza interesse, poi, dentro una tasca, scopro di avere un piccolo coltello tagliente. Lo estraggo con espressione rabbiosa, dico a tutti i presenti che non c’è niente di cui scherzare e ridere, le cose adesso si sono fatte notevolmente più serie, non può essere altrimenti.
            Stanno tutti in silenzio, nessuno ha voglia di dire alcunché, lasciano che io me ne vada, che raggiunga di nuovo la strada e le mie convinzioni: nessuno mi segue, sanno che sono solo, che non avrò vita facile, probabilmente riuscirò a mettermi in guai certi, anche peggiori di quelli di adesso, tanto vale che corra come voglio quella mia corsa, poco per volta l’inevitabile si parerà davanti ai miei occhi, non ci sarà più alcuna possibilità per tornarsene indietro.
            Cerco di fuggire senza sapere per dove e neppure da cosa, ma sono sicuro che la conservazione dei geni di cui sono composto dipende soltanto da me, dai miei comportamenti, dalla capacità che riuscirò a manifestare di essere superiore alle difficoltà ordinarie del mondo contemporaneo: diversificarmi dagli altri, modificare il mio stato, trovare un significato più alto nei miei atteggiamenti, nei pensieri che adotto. Non ho niente alle spalle: tutto si gioca in questo futuro.  

            Bruno Magnolfi 

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