Avevo
sentito giungere, dall’appartamento di fianco a dove abitavo, direttamente attraverso
le pareti, diversi rumori forti e antipatici, come di trascinamento di mobili
sui pavimenti, e la cosa mi aveva disturbato parecchio, in considerazione
soprattutto dell’interruzione che ne era immediatamente derivata delle mie
ordinarie meditazioni, tanto che quasi subito mi ero ritrovato quasi
inconsapevolmente ad urlare qualcosa, e per più di una volta, verso qualcuno
che non sapevo neppure chi fosse, non ottenendo peraltro nessun risultato,
almeno in tempi brevi o ragionevoli. In seguito però si era fatto silenzio, e quel
silenzio si era protratto praticamente per una parte della giornata, ma tutto in
fondo era parso trovare soltanto una momentanea situazione di stallo, che io immaginavo
avrebbe potuto tranquillamente degenerare da un attimo all’altro. Così era
stato, difatti, e l’agitazione che aveva prodotto in me questa ripresa di
incomprensibile confusione era stata tale da spingermi in fretta ad indossare
la giacca e ad uscire da casa.
Naturalmente
ero rientrato molto più tardi, e purtroppo soltanto per rendermi conto che se
anche l’appartamento era adesso immerso in un momentaneo e completo silenzio, i
rumori di cui avevo subito l’attacco erano rimasti là dentro come nell’aria,
pronti a scatenarsi di nuovo da un attimo all’altro. Il giorno seguente
difatti, come peraltro avevo già immaginato ampiamente, i rumori d’improvviso
avevano ripreso la loro consistenza, spandendosi in ogni stanza del mio
appartamento senza che neppure fossi riuscito a stabilire da dove precisamente
giungessero. Arrivai a mettermi disperatamente le mani sopra le orecchie, nel
tentativo che il mio gesto servisse ad attutire il dolore profondo che provavo
dentro di me. Già, perché quel disturbo pazzesco stava poco per volta
diventando un vero e proprio dolore, quasi una malattia, praticamente uno
squarcio sanguinolento nel mezzo del mio organismo. Ma con ogni evidenza a
niente serviva ogni mio tentativo. Impossibile per me era suonare il campanello
di qualche condomino nel tentativo di trovare la fonte dei miei disturbi, e
così, dopo profonda riflessione, decisi che il mio compito sarebbe stato
nient’altro che quello di sopportare la cattiva sorte a me capitata.
Si
susseguivano momenti di silenzio ad altri di insopportabile confusione, ma io,
seduto nella mia poltrona di raccoglimento, cercavo in tutti i casi di fingere una
quasi completa indifferenza. Infine tutto quanto parve trovare termine, lasciando
purtroppo una nuova tregua armata dentro di me che pareva farmi ugualmente
soffrire. Tanto che quel silenzio poco per volta mi parve quasi un’ironia, sicuramente
un’assenza importante, laddove sentivo all’improvviso dentro di me quasi la
necessità di quel pieno orchestrale che in varie riprese avevo precedentemente avvertito,
forse anche per mostrare a me stesso la mia capacità di sopportazione. Appoggiavo
adesso l’orecchio alle pareti e al portoncino del mio appartamento, arrivando perfino
a sdraiarmi sui pavimenti per ascoltare le vibrazioni leggere che parevano
giungere da quei solai. Ma niente, tutto si era come dissolto. L’agitazione che
mi prese fu forte, mi pareva impossibile poter vivere adesso in quella maniera;
così, quasi senza pensarci, tornai a prendere la giacca, nonostante l’ora di
notte, e ad indossarla per uscire da casa: ero cosciente che non era più possibile
per me restarmene ancora in quel vuoto completo, tanto che mi pareva di vivere
adesso soltanto una perfetta astrazione.
Bruno
Magnolfi
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