lunedì 18 marzo 2013

Dentro alla tela del ragno. 2.


            
            Immagino un ragno che si muova lentamente sopra questo davanzale, oltre i vetri della mia finestra, e che tremi appena sulla sua tela, sotto la brezza leggera che spira da oltre la fila di alberi in fondo. Il viottolo di fronte costeggia una siepe ed affianca un fossato poco più avanti, alcune persone passeggiano in quei pressi, senza alcuna fretta, quasi che il tempo insieme a quelle persone tendesse a fermarsi.
            Vorrei raggiungerli, dire a tutti con voce concitata e gesti espressivi che mi piacerebbe tanto essere esattamente come sono loro, parlare camminando lungo il viottolo, e sentirmi sereno, in pace con tutto, uguale agli altri, ma invece proseguo ad immaginarmi il ragno sulla finestra, ad intuirne il debole movimento, la sua stupida attività, ed un gusto profondamente sgradevole mi assale sempre di più, fino a farmi chiudere gli occhi, e a spingermi di nuovo nella mia solitudine.
            Decido che ne ho abbastanza di questa osservazione inutile della realtà, ed esco di casa. Tira vento, mi stringo addosso la giacca, le mani sprofondate dentro le tasche, il comportamento incuriosito da quel senso di instabile che mi circonda. Non trovo niente di incoraggiante, comunque proseguo con i miei passi incerti alla ricerca di qualcosa che non so definire. Incontro qualcuno per strada, vorrei salutare quelle persone, fermarmi con loro, scambiare un segno, un gesto, una semplice parola, ma percepisco indifferenza e così proseguo senza neppure voltarmi.
            Poi rientro a casa, insoddisfatto di tutto, torno alla finestra ed il ragno è ancora lì sul davanzale, che prosegue con i suoi lavori su quell’orribile tela finissima e trasparente. Con fatica apro la finestra, i cardini rumoreggiano e qualcuno dal viottolo si gira per osservarmi. Non c’è niente di male, penso, nel rimanermene qui ad osservare qualcosa che mi scorre sotto gli occhi, quasi per indolenza, senza che neppure ne abbia la minima voglia.
            Mi soffermo un momento come sovrappensiero, lascio che il vento mi smuova i capelli, che mi accarezzi la faccia, poi a mano aperta schiaccio quel ragno schifoso.

            Bruno Magnolfi
           

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