Abito
al terzo piano di un grande caseggiato piuttosto anonimo, e da un po’ di tempo mi
ritrovo certe volte a pensare che dovrei andarmene da qui, anche se non saprei
esattamente dove. Non so neppure perché mi sia venuta in mente all’inizio quest’idea,
a dire tutta la verità e considerato che in questo appartamento ci abito da
sempre, ma in ogni caso in questi ultimi tempi mi sono spesso ritrovato ad
osservare tutte le case degli altri quartieri della città con occhi differenti.
Certe volte ho pensato addirittura che in fondo potrei tranquillamente
trasferirmi in una città differente da questa, dove non conosco nulla, dove
probabilmente potrei ricominciare tutto da capo. Ma in ogni caso vorrei
andarmene da qui, è soltanto questo il punto principale, anche se non riesco neppure
a comprendere appieno la motivazione che mi porta a questa riflessione.
Così
ogni giorno, quando ho finito con il mio lavoro e torno ad attraversare con il
mezzo pubblico tutti questi agglomerati di case del mio vasto quartiere, mi
scopro spesso ad osservare le finestre di qualche appartamento che si apre
sulla strada, e subito mi proietto all’interno di quelle abitazioni, come
potessi già essere lì, ad affacciarmi da quei davanzali e a guardare con
indifferenza l’autobus che transita. Un collega di lavoro mi ha detto che la
mia è soltanto voglia di novità, desiderio momentaneo di respirare un poco di aria
nuova, ma io non gli ho dato retta, so che c’è dell’altro: c’è qualcosa che lui
forse non potrebbe neppure immaginare.
Vorrei sparire in un attimo, ecco qual’é il punto, senza neppure assistere al
finale, come se potessi diventare soltanto uno spettatore neutro dell’ultima
fase della mia vita, anche se lunga.
Arrivare
in qualche luogo dove nessuno mi conosce, ecco qual’é il mio desiderio; dove
non ci sia bisogno di salutare sempre tutti e di fermarsi ogni volta a fare due
parole con quello o con quell’altro. Ecco semplicemente la mia necessità più
forte. Non perché vorrei vivere in completa solitudine, quanto perché ho
bisogno di prendermi del tempo per riflettere, senza che sia continuamente
ossessionato dalla presenza dei vicini, o delle persone che conosco anche solo
di vista, oppure della gente con cui scambio in certi casi un semplice saluto,
ma che studiano continuamente i miei comportamenti, e forse addirittura il mio
modo di vestire, tutto per giungere probabilmente a farsi un’idea precisa della
mia maniera di essere e di tirare avanti.
Infine
giungo alla fermata più vicina a casa mia, scendo dal tram, costeggio il
marciapiede, arrivo al condominio in cui proseguo ad abitare, e salgo le scale come
sempre, senza fretta. Non c’è nessuno, penso, con cui non possa fermarmi a
parlare del tempo o del più e del meno, e questo in fondo è tutto il problema
principale. Sono arrivato a immaginare qualche volta che ci sia chi conosce perfettamente
i miei orari, e certe volte se ne rimane lì ad attendermi, giusto per
raccontarmi con semplicità le medesime cose di ogni giorno. Ci sono addirittura
dei conoscenti che in pratica non aspettano altro che questo, forse pensando
che a me faccia piacere, senza rendersi minimamente conto del danno che invece mi
arrecano.
Che
esistenza può mai essere questa, mi chiedo. Sparire, questo è l’unico rimedio. Così
torno a sognare piccole dimore lontane il più possibile da qui, assolutamente prive
di contatto con l’esterno, dove la caratteristica principale sia l’assenza di scambio
di ogni genere con gli altri, e che siano distanti chissà quanto da questo
mondo così asfittico, ma dove io possa pienamente sentirmi bene, a mio agio,
assolutamente a posto; e finalmente solo.
Bruno
Magnolfi
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