venerdì 29 marzo 2013

Pensieri consueti.


           

Lui muove la testa per seguire con gli occhi qualcosa fuori dalla finestra, lei lo osserva senza interesse ma come replicando una volta di più una propria abitudine. Il giardino davanti alla casa è soltanto una striscia di cemento recintata da una ringhiera di ferro, al cui interno vivacchiano alcune piante dalle foglie polverose in vasi scuri di diverse forme. Non ci trovo niente di male, fa lei, quasi con ironia. Domani potremmo partire presto, e dopo il viaggio goderci tutto il resto della giornata passeggiando sulla spiaggia senza pensieri. Lui si volta, la guarda, pensa a cosa tirar fuori per toglierle o almeno indebolirle quell’idea dalla mente; poi, quasi senza una vera e propria espressione, dice soltanto: certo, sarebbe proprio quello che ci vuole.
Lei prosegue a fumare seduta allo scrittorio, sfoglia senza interesse una rivista illustrata e intanto continua a pensare al suo delizioso fine settimana da trascorrere senza preoccupazioni in quel paesino di mare, che le piace, certo, ma dove soprattutto avrà modo di capire a che punto siano i suoi sentimenti per lui. Lui a sua volta si rende conto perfettamente che una volta arrivati in quel luogo così meraviglioso nei pensieri e nei discorsi di lei, lei inizierebbe inevitabilmente a lamentarsi che la temperatura dell’aria non è quella che si immaginava, che in giro non c’è quasi nessuno, che l’albergo non va bene, il cibo del ristorante non le piace e tante altre cose del genere; fino ad affermare che forse muoversi da casa è stato un deprecabile errore.
Lui all’improvviso si muove come ricordandosi qualcosa di urgente, lei gli chiede subito cosa c’è che non vada. Ho lasciato l`agenda in ufficio, spiega lui con disappunto; ma in fondo forse non è neppure cosi importante, posso fare un salto a prenderla più tardi. Certo, potresti passarci dopo cena, fa lei, magari vengo con te e ci fermiamo in un locale a bere qualcosa, tanto per passare la serata. No, insiste lui, ho detto che non è molto importante, in fondo posso rimandare anche a domani mattina. Lei lo osserva con attenzione per capire se quella sia soltanto una classica tattica per uscire di casa più tardi da solo, magari per telefonare a chissà chi senza essere ascoltato, oppure se gli va soltanto di stare per un po’ senza di lei; ma poi si sente attratta da un pensiero in cui è prevista soltanto se stessa, e così dice: va bene, hai ragione, stasera c’è appunto un programma in televisione che non mi va proprio di perdere.
Lei trova sul giornale che ha di fronte le previsioni meteorologiche per quei giorni e sbotta subito: vedi, domani forse ci sarà pure qualche nuvola in cielo, ma è quasi sicuro che non pioverà, mi pare questa senza dubbio un’ottima notizia. Lui torna ad osservare qualcosa fuori dalla finestra chiusa, e intanto riprende a riflettere su che cosa mettere in mezzo per distoglierla da quell’idea poco felice. Se mi telefonasse il Mariotti per quel progetto, dice quasi sottovoce ma scandendo bene le parole, sarebbe bene fossi pronto ad incontrarlo, in qualsiasi momento gli venisse alla mente di vedermi. Purtroppo la cosa migliore per tutto questo sarebbe che non mi allontanassi troppo da qui e dall’ufficio. Lei non dice niente, mostrando forse di non credere neppure ad una parola di quello che è appena stato detto, ma evita qualsiasi commento.
Lui la osserva per un attimo, vagamente perplesso per quell’improvvisa assenza di opinioni, poi annuncia, tanto per cambiare argomento, che stasera si diletterà di cucina, impegnandosi in verdure al vapore e involtini di vitello cotti nel forno. Lei non si scuote, osserva per un attimo la televisione spenta per cercare di immaginarsi a che cosa avrebbe davvero voglia di assistere, e infine allunga un braccio per raccogliere il telecomando, senza premere però alcun pulsante. Suona il telefono, lui esce dalla stanza, poi torna dopo appena un minuto: era il Mariotti, dice; domani mi vuole vedere, mi dispiace per i tuoi programmi. Adesso vado in cucina, più tardi passerò dall’ufficio.

Bruno Magnolfi 

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