In albergo, a parte i fine settimana, ci sono pochi clienti in questo
periodo dell'anno. Il mare di fronte pero è già bellissimo, ed il sole caldo e
piacevole. La sera, giù nel salone, si radunano quasi tutti per le chiacchiere
e per gli aperitivi. Qualcuno se ne sta in disparte con un libro, altri però ascoltano
le note morbide della pianista già al lavoro, e molti hanno solo voglia di
divertirsi in pieno rilassamento. Il cliente della camera 207 invece, qui da almeno
una settimana, a quest'ora non si vede mai. Arriva più tardi, non scambia
parola con nessuno, sfoglia da solo un giornale, poi si siede, tra i primi,
dentro alla sala del ristorante, e si fa semplicemente servire la cena.
Soltanto altri due o tre giorni, penso mentre attendo il cameriere, poi
potrò ripartire e tornarmene a casa. Non che qui, in questo bellissimo albergo
sul mare, non si stia più che bene, tutt'altro; però questa specie di esilio
momentaneo mi sta sinceramente iniziando a pesare. Forse dovrei parlare con
qualcuno, accennare alla mia situazione, spiegare come questo momento di
riflessione, prima della decisione di separami da mia moglie, sia per me
fondamentale per essere sicuro della strada da prendere.
La serata, anche dopo i tempi di una cena quasi infiniti, si protrae ancora
dentro al salone, con la nostra pianista che propone qualche vecchia canzone
che in molti cercano di intonare, magari sottovoce, sorridendo e guardandosi
attorno. Qualcuno, ma sono pochi, si avventura in una breve passeggiata in
spiaggia, in genere soltanto nella zona illuminata dai lampioni dell’albergo.
Il cliente della 207 invece, si siede in un angolo, e scrive qualcosa su un
quaderno che chiude velocemente anche soltanto all’avvicinarsi di qualcuno al
suo tavolo. Si fa servire un bicchierino di acquavite, e sta lì, quasi per
tutto il tempo. Abbiamo deciso di mandargli una ragazza della portineria questa
sera, a chiedergli simpaticamente se questa permanenza da noi è di suo gusto.
Questa ragazza è gentile, in fondo non mi ha chiesto niente di
sconveniente, probabilmente si è solo accorta che me ne sto troppo in disparte,
così le ho risposto che va tutto bene, anzi, che è tutto al di sopra delle mie
aspettative. Ma adesso devo per forza unirmi almeno al gruppo di quelli che
stazionano attorno al pianoforte, sorridere, cercare di svagarmi. Ripongo il
quaderno, mi alzo, con il mio bicchierino vado verso il banco del ricevimento.
Il portiere mi guarda, aspetta che dica qualcosa, gli chiedo il nome della
brava pianista: Liana, mi dice, e nient’altro. Così in un momento in cui non
sta suonando, vado da Liana, e le dico senza mezze misure che la sua figura è a
dir poco affascinante.
Il cliente della 207 sembra adesso che stia esagerando: è già al terzo
bicchiere, ed adesso vuole strafare offrendo una bottiglia si spumante alla
nostra pianista. Lei accetta, in fondo è il suo mestiere, forse si sente
lusingata di essere entrata nelle sue corde dopo tante sere di indifferenza.
Tutti quanti stiamo ad osservare quali saranno le prossime mosse, anche se non
sembra ci possa essere un seguito.
Basta, dico tra me, la mia parte di animale sociale ormai è fatta, adesso
posso tornare a tutti i miei pensieri. In fondo, un bicchiere, una bella donna
e qualche canzone, non hanno mai fatto male a nessuno. Partirò domani mattina, ho
deciso, tutto ciò su cui dovevo riflettere ormai si è esaurito, così lascerò un
omaggio di fiori a Liana, e poi, chissà, magari tra qualche domenica, potrei
addirittura tornare a farle una visita.
Bruno Magnolfi
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