Questa
panchina è rigida, non è possibile stare seduti a lungo sopra a questo ferro
duro e freddo; diventa necessario dopo un po’ almeno alzarsi e fare un giro,
muovere le gambe insomma, scorrere senza fretta lungo questi marciapiedi,
magari alla ricerca di qualche curiosità da cogliere sulla faccia o nei gesti
dei passanti, oppure, con maggiore apparente attenzione, direttamente nelle
vetrine e tra i clienti dei negozi.
Non
è facile in una città come questa ritrovarsi tanto tempo libero e nessun soldo
nelle tasche: si gira, ci si siede per dieci minuti, ci si concentra su
qualcosa, tanto per darsi l’aria di chi va come in cerca di qualcosa di preciso,
anche se non è del tutto vero. Ci sono i pensieri che accompagnano ogni
movimento, le riflessioni sterminate su qualsiasi cosa possa accendere la
fantasia o il ricordo, ma il resto ha semplicemente la consistenza della
polvere.
Quando è
nuvoloso si può attendere il sole, quando fa troppo caldo si cerca l'ombra; ma
quando piove tutto è notevolmente più difficile. Nel sottopasso del viale è
possibile rannicchiarsi su un gradino ed ascoltare le ruote delle auto che
schizzano l’acqua dalle pozze, stando lì assolutamente fermi, come se niente
valesse la pena di qualsiasi movimento. Una donna accanto osserva tutto, sembra
quasi non sia possibile sfuggirle qualche cosa a giudicare dai suoi occhi
vigili; si muove, cerca qualcosa in una busta, pare indaffarata ma attentissima
a ciò che le sta attorno. Chiede a qualcuno che ora sia, ma si vede distintamente
che non le interessa affatto.
Poi inizia a
cantare ad alta voce, qualcosa in francese, mai sentito, una canzone melodiosa
che non c'entra niente con la sua faccia e neppure con quei suoi modi di fare.
Qualcuno si ferma ad ascoltarla, lei prende maggiore coraggio, si fa piu decisa
nell'intonazione, la sua voce adesso è più profonda, allunga le note, elabora
un vibrato stretto e gentile, qualcosa di discretamente piacevole all'ascolto.
Probabilmente è stata una professionista qualche tempo fa, o forse no, ma
adesso regala la sua voce a tutti coloro che hanno semplicemente voglia di
ascoltarla.
Inizia a
muovere le braccia a un certo punto, cambia tipo di canzone, pare non
ricordarsi neppure bene le parole, ma non fa niente, prosegue ugualmente nella
sua intonazione riverberata da questo luogo di passaggio eppure chiuso. Fuori
prosegue a piovere, qualcuno impreca e molti tentano di perdere del tempo
nell’attesa che magari smetta. Per questo la gente che si ferma attorno a questa
donna pare sempre più numerosa, forse qualcuno potrebbe raccogliere addirittura
degli spiccioli per lei, ma proprio nel momento in cui tutti la seguono, e
quando ognuno sembra sia perfino incantato ad ascoltarla, ecco che lei smette.
Basta; non
dice niente, si scosta, riprende a muoversi velocemente nel sottopasso e a fare
le proprie cose come prima, e la sua voce è già lontana, persa da qualche parte,
come se non ci fosse più per lei alcuna possibilità. Poi va a sedersi sul
gradino, trova finalmente qualcosa nella busta che ha con sé, pare una
fotografia, la guarda, sembra commuoversi, ma infine dice qualcosa ad una
persona accanto: smetterà di piovere, spiega frettolosamente, ne sono più che sicura;
però devo andare in fretta, subito dopo, camminare svelta per la strada, perché
lo so che sono già in ritardo.
Bruno Magnolfi
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