Io non sono sempre lo
stesso. Certe sere esco da casa per fare due passi, ed immancabilmente arrivo
fino al solito caffè. Non c’e niente di male, penso per incoraggiarmi, e così
con una certa noncuranza mi appoggio al bancone per lasciarmi servire un
bicchierino. Oggi tutto è difficile, dico senza impegno al barista, e lui
subito annuisce, anche se non sa neppure a cosa mi possa riferire: però capisce
al volo che potrei avere ragione, e questo probabilmente gli basta. Mi volto, non
ci sono motivi, rifletto, per intrattenersi troppo a lungo in questo locale
senza caratteristiche, perciò poco dopo pago la mia consumazione e torno di
nuovo per strada.
Non
c’è niente che mi attiri stasera, perciò posso riprendere la strada di casa.
Lungo la via, però, appena uscito, incontro un tizio che chiede del fuoco per
accendersi una sigaretta. E’ naturale che lo aiuti, anche se proprio in quel
momento lui fa: io la conosco. Ne dubito, dico senza alzare lo sguardo. Eppure
so per certo come lei fino a qualche anno fa frequentasse abbastanza
assiduamente la casa della famiglia Spagnoli. Non è vero, faccio senza enfasi,
anche se è normale che conosca quelle persone, e magari che le abbia salutate qualche
volta passando davanti alla loro casa, che so perfettamente peraltro dove sia
ubicata.
Non
so, fa lui allontanandosi subito di un passo: qualcosa mi dice che di lei non
c’è da fidarsi, neppure nel parlare senza alcun impegno di cose persino poco
importanti. Va bene, fo io, tanto vale salutarsi in questo momento, e poi
andarsene ognuno per la sua strada. No, mi dice questo tizio, lei sa benissimo
che adesso possiamo scambiarci delle informazioni preziose per ambedue, e senza
che nessuno sospetti mai un nostro incontro. Verissimo, faccio io, anche se in
questo momento non saprei proprio cosa dirle. Non si preoccupi, fa lui, si
limiti a seguirmi fino al caffè.
Torno
così sui miei passi, seguendo questo signore che neanche conosco, forse per
parlare di qualcuno per cui nutro persino poco intereresse. In ogni caso niente
mi spaventa, e sono disposto come sempre ad affrontare qualsiasi novità. Ma dopo pochi metri lui tira fuori una
chiave, apre il portone di un palazzetto identico agli altri lungo quel
marciapiede, e dice che quella è proprio casa sua, e se mi va posso salire con
lui per parlare con calma nel suo salotto.
Accetto, e mi ritrovo in
un appartamento modesto ma decoroso. Lui mi fa sedere, dice che non c'è niente
di cui preoccuparsi, e che adesso possiamo parlare di tutto. Cosi spiego che
certe sere mi sento annoiato, e qualche volta, proprio come adesso, esco da
casa soltanto per abitudine, senza avere mai in mente qualcosa di preciso. Lui
annuisce, e lo fa nella stessa identica maniera in cui si è comportato il
barista al caffè poco prima. Per questo mi innervosisco, così inizio ad alzare
la voce, e a dirgli che intorno a me girano soltanto dei falsi e dei
perdigiorno dei quali non c'e neppure da fidarsi, e che gli Spagnoli sono
soltanto una famiglia di gentaglia senza neanche morale.
Lui mi guarda, dice
sottovoce che non gli va di parlare delle persone in questi termini, e che
forse è meglio per tutti se io me ne vado subito da casa sua. Certo, gli urlo; con
grande piacere, e nello stesso momento mi alzo, torno ad indossare la giacca che
avevo, ed arrivo fino alla porta senza neanche voltarmi, anche se all'improvviso
sento che mi dispiace essermi comportato in maniera sgarbata: perciò mi giro
verso di lui quasi per chiedere scusa, ma l'altro ormai non vuole più neanche
ascoltarmi, ed in questa maniera io esco da lì in modo definitivo. Forse è una
serata sbagliata, penso, forse il mio cruccio è che vorrei piegare la realtà
fino a renderla maggiormente gradevole, ma questo non sempre è possibile. Tanto
vale tornare al caffè per un bicchierino finale.
Bruno Magnolfi