Lei appare triste, specialmente in giornate come questa; lui invece no, ma forse
soltanto perché riesce a fingere meglio. Le dice: dai, usciamo, si fa un giro a
vedere chi c'è lungo la strada, e magari ci fermiamo a prendere un caffè. Così
escono e trascorrono il pomeriggio in questo modo. Quando tornano indietro la
casa è sempre la medesima, ed un certo grigiore, intorno alle lampade
dell’ingresso che si accendono al loro rientro, sembra creato apposta per
rendere tutto quasi insopportabile.
Qualche volta vorrei andarmene, fa lei quasi sottovoce; poi si mette a
sistemare qualcosa di poco impegnativo, senza posare gli occhi su niente di
particolare. Lui invece la guarda, sorride forzatamente, poi dice che non è il
caso di esagerare se anche questo non sembra il periodo migliore della loro vita.
Accende la radio, forse per riempire un vuoto colmo di silenzio, e infine si
siede sulla sua poltrona, nell’attesa che lei lo raggiunga e gli dica ancora
qualcosa intorno alle parole pronunciate poco prima.
Invece non avviene niente: lui prosegue a starsene seduto, lei gira per la
cucina sistemando delle cose che probabilmente potrebbero preludere alla cena.
Così lui si alza e la raggiunge, proprio nello stesso momento in cui lei esce
dalla stanza per andare in bagno. Lui si accorge che sul tavolo non è stato
predisposto niente, così apre il frigorifero e controlla cosa sia possibile
mettere ai fornelli. Ma non fa niente, non ha nessuna idea particolare, e dopo
qualche minuto torna di là, sedendosi nella stessa poltrona dove stava prima.
Apre una rivista, la sfoglia, ascolta una musichetta che gli ricorda
piacevolmente qualche cosa, e intanto attende che lei si ripresenti, che lo
abbracci da dietro, come fa sempre. Invece, quando lei torna, va diretta in
camera da letto, e quando poi apre la porta mostra che si è cambiata d’abito, e
indossando sopra tutto la sua giacca pesante, dice semplicemente: esco; ci
vediamo più tardi. Lui si alza, la raggiunge lentamente nell’ingresso, e mentre
sta per chiederle qualcosa su quella sua uscita improvvisa, lei apre la porta e
sparisce in fretta, senza guardare indietro.
Lui torna a sedersi: qualcosa gli è sfuggito nella comprensione di quel
comportamento, così ripensa alle parole che si sono scambiati loro due nelle
ultime ore, ma gli pare che niente ci sia di sbagliato o di pesante da parte
propria. Attende una mezz’ora, si sente agitato, infine si piazza alla
finestra, da dove è possibile tenere d’occhio la strada prospiciente. Niente
accade sopra ai marciapiedi là di fronte, se non le solite cose di ogni giorno.
Lei torna più tardi, quando lui ormai si sente quasi disperato. Accende le
lampade all’ingresso, lo guarda mentre si sfila la giacca dalle spalle: dovremo
prendere un cane, gli dice con profonda serietà. Mi piace uscire per arrivare a
piedi fino ai giardini, per poi starmene lì, a girare tra le aiuole fino a
quando non mi sento stanca: non sarà il massimo della vita, però mi fa sentire
libera, almeno per qualche minuto; lontana dal grigiore di sempre, da queste
stanze senza più un briciolo d’aria fresca.
Lui la guarda, annuisce, infine va in cucina per evitare di appesantire
ulteriormente il clima; si potrebbero cucinare degli spaghetti per stasera, le dice
senza grande convinzione. Va bene, fa lei, lascia tutto sul tavolo, che ci
penso io a preparare qualcosa per la nostra cena.
Bruno Magnolfi
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