Fuori da qui non c'è niente, dice lei ogni tanto con voce non troppo alta e
scuotendo la testa, visto che nessuno generalmente mostra la voglia di
ascoltarla o di prenderla sul serio. Resta seduta nel suo angolo, guarda
qualcosa in un punto imprecisato invisibile agli altri, e poi basta, immobile,
senza provare alcun desiderio apparente. Ma certe volte si alza, cammina
lentamente fino ad uno dei finestroni del corridoio, guarda qualcosa nell’ampio
cortile di fronte ed infine torna a scuotere la testa, come se tutto
confermasse la sua idea di fondo e lei non riuscisse proprio a vedere in mezzo
a quel piccolo spiazzo ciò che desidererebbe trovarvi.
Qualcuno certe volte sorride di quei suoi comportamenti, altri invece li
ignorano. Lei trattiene costantemente quella specie di fissazione dentro di sé,
ma nessuno riesce a spiegarsi che cosa significhi veramente. Gli altri al
centro anziani giocano a carte, passano il tempo in conversazione, o a leggere i
giornali, oppure impegnandosi in tante altre cose, ognuno cercando in ogni caso
di stare con tutti, di fare comunità, di ripescare dentro se stesso uno spirito
solidale che tutti gli animatori e i volontari della associazione naturalmente
incoraggiano. Con lei invece è difficile persino farsi rispondere a delle
semplici domande: lei sta in quelle stanze perfettamente in silenzio, come se
quella fosse la sua postazione ormai definita, nell’attesa perenne che solo il
pulmino comunale, nella stessa maniera di quando la trasporta fin lì, alla fine
dell'orario di apertura del centro la riaccompagni fino alla sua porta di casa.
Una delle altre donne, per provare a scuotere quel suo torpore, le dice che
nei giorni a seguire si dovranno trasferire da quella sede, e che è già pronto
un altro edificio poco distante, attrezzato e forse anche più confortevole. Lei
ascolta in silenzio, guarda con attenzione il suo punto invisibile, poi dice
che a lei non importa, qualsiasi luogo non le appartiene, è privo di senso, che
tutto quanto secondo lei risulta vuoto, un contenitore del niente. L’operatore di
turno la guarda negli occhi, le dice che certo non deve aspettarsi delle grandi
novità, ma forse dentro la nuova sede potrà trovare qualcosa che la incoraggi
ad essere maggiormente vitale.
Lei, come fa spesso, torna a guardare fuori dai vetri, poi muove la testa,
osserva un punto qualsiasi, senza apparente importanza, ed infine dice qualcosa,
con una voce meno incolore rispetto a tutte le volte, come si fosse davvero
smosso qualcosa dentro di sé. Non c’è niente là fuori, spiega di nuovo ma adesso
quasi con un certo entusiasmo: dobbiamo perciò essere noi, con le nostre
esperienze, con tutto il passato che abbiamo da dire e da raccontare, a
riempirlo con qualcosa di vivo. Gli altri la guardano increduli, in due
smettono addirittura la partita di carte, l’operatore sull’immediato resta
senza parole, poi si riprende e le dice: certo, questo è proprio quello che
dobbiamo stabilire come obiettivo finale.
Più tardi arriva il pulmino, salgono tutti lasciandosi aiutare dall’autista
e da un volontario, ma lei resta per ultima, come fosse restia ad abbandonare
quel luogo. Infine si siede nella vettura, assume la postura e l’espressione di
sempre, però tra sé dice ancora come seguisse una logica precisa, che pur non
essendoci niente da quelle parti, niente di interessante davvero, allora tutto
si potrebbe osservare come qualcosa di estremamente importante, quasi fosse un
semplice foglio bianco di carta, dove si può ancora scrivere.
Bruno Magnolfi
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