Sono arrivato fino qui da solo e senza aspettative per seguire questa
assemblea; mi sono seduto in una delle ultime file della sala che mi ha
accolto, poco prima che qualcuno iniziasse a parlare, e nel brusio generale dei
presenti ho iniziato a scrivere questa nota, forse soltanto per darmi
importanza con i vicini di posto, e in fondo anche per riempire un po' il
tempo. C'è molta gente, molti si salutano con apparente calore, altri parlano
in piedi a voce alta magari soltanto per farsi sentire da qualcuno che sta
seduto poco distante da loro. L'idea di andarmene prima dell'inizio di tutto ha
già iniziato a sfiorarmi da qualche minuto, ma per il momento ho deciso che
devo restare, almeno per seguire gli argomenti dei primi che daranno vita al
dibattito. Le strette di mano si susseguono con naturalezza senza alcuna
interruzione, ma infine qualcuno sul palco prende il microfono ed allora tutti
in questa platea finalmente si siedono mostrandosi pronti ad ascoltare ciò che
viene proposto.
Scrivo con una semplice matita, un vecchio lapis che ho trovato abbandonato
all’entrata sopra uno dei tavolini, ed il volantino cartaceo che pubblicizzava
l’incontro, adeguatamente piegato in quattro, è quanto di meglio potessi
desiderare per prendere appunti. Un signore accanto a me scruta quanto sto
scrivendo quasi con attenzione, così volgo lo sguardo verso di lui con
l’espressione di chi chiede qualche spiegazione su quella evidente curiosità.
Quello invece sorride, come a mostrare che non voleva disturbarmi, così
rispondo al sorriso scuotendo il mio foglio, a mostrare quanto poco importante
per me sia tutto quello che sta succedendo.
Sul palco si dice che le cose cambieranno, ci sono i presupposti per
sperare in un miglioramento. Annoto le parole con diligenza, poi mi viene
voglia di inventarmi qualcosa che non viene detto, come forzando il senso delle
affermazioni fatte davanti al microfono. Qualcuno si arrabbia, scrivo, altri
sostengono che sono soltanto parole vuote, e chi difende il proprio pensiero
sembra proprio quasi convinto di ciò che continua ad affermare. Il mio vicino
apprezza le mie parole, ride senza produrre rumore, e poi sottovoce mi chiede
se io sia un giornalista. Certo, gli dico, mi pare evidente. Ma non sono di
quelli che si prestano a cavalcare un’idea oppure l’altra per una qualche
convenienza, ma cerco sempre di dire quello che penso nel pieno rispetto delle
opinioni di tutti. L’altro irrompe nell’aria circostante con una risata
incontenibile, tanto che alcune persone si voltano verso di lui. Io guardo
avanti a me, l’espressione seria di chi si dissocia da certe esagerazioni.
Intanto altri hanno preso la parola, e qualcuno ha sventolato sul tavolo la
propria mano, come a mostrare quali siano le cose migliori da fare al più
presto possibile. Io proseguo a scrivere con la matita, ed il mio vicino si
accosta, sempre a voce bassa mi chiede scusa per prima, infine dice che la mia
attività è assolutamente apprezzabile e degna di nota. Mi allunga con modi da
grande segreto un biglietto con il suo indirizzo personale di posta
elettronica. Dice che gli interessa e non poco quella mia schietta scrittura,
tanto che è disposto a pubblicare immediatamente, anche senza revisioni, lui
che è direttore di un grande giornale, quanto io possa avere annotato di questa
parata di esseri paradossali, che non dicono mai niente di nuovo, e gonfiano
l’aria di parole svuotate di senso.
Lo guardo, raccolgo il biglietto, scuoto la testa, come per fargli capire
che sono dalla sua parte, sono d’accordo con lui, e che ci deve essere per
forza qualcuno che si mostri stufo e indignato delle solite serate che non
portano a niente. Lui mi allunga la mano, me la stringe come per suggellare
un’intesa completa, ed io gli assicuro che domani mattina avrà un mio messaggio
con tutti gli appunti su questa assemblea, ed il titolo del documento sarà:
noia mortale. Infine mi alzo con un lieve sorriso e in questo modo raggiungo
l’uscita. Potrei addirittura aspettarmi un applauso scrosciante alle mie spalle,
ma forse è anche meglio che nessuna attesa venga convalidata.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento