No, io forse non sono normale. O
meglio, non mi sento proprio come credo siano gli altri, perlomeno come tutti
coloro che in genere incontro per strada quando sono impegnato nel mio solito
giro attorno al quartiere. Cammino come sempre, tranquillo, e per cortesia
sorrido ogni volta a qualcuno tra quelli che trovo a passeggiare esattamente
come me sul marciapiede, anche se nessuno di loro purtroppo si sogna quasi mai
di rivolgermi anche una sola parola.
Lei assomiglia ad un attore del
cinema, dico oggi a questo tizio che sembra aspetti qualcuno. Mi fa piacere, fa
lui, ma non mi occupo di cose del genere. Non importa, dico io, ho detto così
tanto per scambiare due chiacchiere, per conoscere la sua voce. Va bene, fa
lui, però adesso avrei qualcosa da fare, così mi saluta con un gesto della mano
e poi si volta per andarsene, ma io all’improvviso gli chiedo da dietro il suo
nome, insomma come si chiami. Aldo, dice subito lui quasi sottovoce, voltandosi
appena e proseguendo con noncuranza ad allontanarsi. Resto perplesso, anche il
medico che mi segue si chiama così.
Mi volto indietro, forse dovrei
cambiare qualcosa in questi miei modi, nella mia maniera di comportarmi con gli
altri. Mi fermo davanti ad un negozio e poi decido di entrare. Dopo un attimo
un commesso mie chiede se possa aiutarmi, ma io dico che avrei solo intenzione
di dare un’occhiata. Da dietro il banco però mi guardano male mentre osservo
curioso tra gli scaffali, quasi fossi un ladro o qualcosa del genere, Perciò ad
un certo punto sorrido al commesso di prima, e gli dico che purtroppo non ho
con me i soldi per acquistare qualcosa, anche se il negozio mi piace, e mi
piacciono quasi tutti gli oggetti in vendita qua dentro.
Poi esco prima che qualcuno mi metta
alla porta, tanto ho già visto che non mi concedono alcuna possibilità per socializzare
con loro, ma quando torno a muovere un passo lungo la strada incontro quasi
subito il tizio di prima. Aldo, gli dico subito, e con questo cerco e gli
stringo la mano, anche se lui si vede soltanto costretto ad essere gentile con
me. Conosco una persona che si chiama come lei, gli dico subito; però non mi
sta molto simpatico, ha sempre da rimproverarmi per i miei modi, e poi continua
a suggerirmi di fare in un modo o in un altro.
Quello mi osserva, capisce al volo
che io sono uno da tenere a distanza, così si mette a guardare qualcosa che
adesso tira fuori dalla sua tasca, ed infine torna a guardarmi, per dire alla
fine che non ha tempo per me, ma se voglio posso andare a prendere una tazza di
caffè nel bar qui di fronte, poi passerà lui a pagare. Non mi interessa, gli
dico, volevo solo parlare, ma se non è possibile ne farò a meno. Aldo ci rimane
male della mia risposta, forse non voleva essere scortese, alla fine mi mette
una mano sopra le spalle e mi dice che certamente io sono un bravo ragazzo, e
che a pensarci bene forse lui può anche dedicarmi qualche minuto.
Non importa, gli dico: se le cose
devono essere frutto di un qualche ragionamento per trovare la maniera meno
dolorosa per compierle, vuol dire che non hanno alcun senso. Lui resta fermo e
in silenzio, perplesso, ed io intanto mi allontano con calma. Non assomiglia
molto al mio medico, penso. Anzi, loro due sono proprio diversi.
Bruno Magnolfi
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