L’espressione del ragazzo è quasi
sempre la stessa quando si trova nella propria abitazione insieme ai suoi
genitori. Si limita ad osservare qualche volta la faccia della mamma, proprio
perché dalle espressioni che assume riesce a comprendere meglio le opinioni che
certe volte lei trattiene per sé, almeno secondo il suo parere, nei confronti
di quanto per abitudine è costretta ad ascoltare; mentre verso suo padre lui
non si rivolge quasi mai, ed anche quando tutta la famiglia composta da loro
tre è seduta intorno alla tavola per il pranzo oppure per la cena, il ragazzo
resta quasi sempre in silenzio, limitandosi appena a rispondere in modo
stringato quando gli viene rivolta qualche domanda. Disegna, quando è da solo in
camera sua, cercando di riprodurre con la matita proprio quelle facce, le
espressioni che ha visto o che ha immaginato.
Spesso però il silenzio che si forma
nella sala da pranzo è ancora più pesante di qualsiasi argomento venga
affrontato, e secondo il suo parere la mancanza più forte che si avverte tra
quelle mura è il divertimento, l’assenza completa di qualsiasi pur piccolo
accenno di una risata. Quest’aria non mi piace, potrebbe dire ad alta voce il
ragazzo, ma poi, al contrario di quanto sarebbe facile immaginare, con estrema
attenzione ed in completo silenzio si mette volentieri in ascolto di quegli
argomenti portati avanti generalmente da suo padre: diatribe di lavoro,
lamentele e discussioni su competenze di organico, preoccupazioni di ordine economico
spesso, e scaramucce per antipatie reciproche con alcuni colleghi.
Per questo le maniere che usa sua
madre sono spesso tese soltanto a tranquillizzare le cose, ed il tentativo che
lei compie generalmente è quello di porre una sponda di calma ragionata ad ogni
argomento, risultando però in questo modo poco incisiva. A lui sembra di subire
costantemente le situazioni che ogni giorno si creano in casa, anche se poi
ascolta tutto ciò che viene detto sempre con grande interesse, pur se in
apparenza sembra ai genitori assente o distratto. Sa che potrà disegnare ogni
cosa che ha sentito, una volta da solo nella sua stanza, e questo gli pare alla
fine l’elemento più importante di tutti.
Una sera non rientra: un gesto
stupido, lo sa benissimo, fare più tardi in giro da solo apposta per far
rendere conto ai suoi genitori semplicemente che lui esiste, che ha dei
pensieri propri, e che forse qualcuno in casa dovrebbe cominciare a trattarlo
in maniera diversa da come sempre è stato fatto. Quando poi torna, fuori è già
buio, ed i suoi scaricano in un attimo ogni loro preoccupazione, anche se lui
resta fermo, in silenzio, con lo sguardo basso, proprio perché non ha
praticamente niente da dire. Ci sono i suoi disegni a matita che parlano per
lui, li ha raccolti con molta pazienza anche se loro li ignorano. Così dopo
essere stato sgridato va in camera sua, li tira fuori dalla cartella e poi
strappa in tanti pezzi minuti tutti quei cartoncini disegnati, non perché
adesso gli sembrano sciocchi o poco importanti, quanto perché sa benissimo che
oramai potrebbe rifarli in qualsiasi momento, e forse con risultati anche
migliori.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento