Generalmente, quando lui termina il
suo orario di lavoro, gli occorre più di mezz’ora di macchina per rientrare nel
suo appartamento, e in ogni caso, anche se sa benissimo di essere atteso dalla
sua famiglia, qualche volta non prova dentro di sé tutta questa fretta che
forse qualcuno tra i suoi colleghi al suo posto potrebbe anche ostentare.
Proprio per questo certe sere si ferma in un posto, un locale non molto lontano
dalla sua abitazione, un ambiente un po’ anonimo e oscuro dove si ritrovano
persone proprio come lui, a giocare a carte, fare scommesse, bere una birra e
magari fare quattro chiacchiere senza darsi troppa importanza. Tra quei
tavolini e il bancone si raccontano soprattutto delle storielle semplici e divertenti
cercando di essere sempre spiritosi, e di conseguenza spesso davanti a quei
bicchieri si fanno molte risate quasi liberatorie, cosa questa che poi scompare
repentinamente quando lui infine rientra a casa sua verso l’ora della cena. C'è
un’amarezza evidente che sente di trascinare dentro di sé, qualcosa a cui non
riesce a dare un senso vero, ma che lo lavora giorno dopo giorno e non scompare
quasi mai.
Sua moglie forse non si accorge troppo
di questo suo disagio, e normalmente cerca di tranquillizzarlo soprattutto con
la sua presenza, con le sue maniere forse sempre uguali ma mai monotone,
comportandosi in modo che le cose almeno quando stanno insieme scorrano
soprattutto con il massimo di calma. Perché lui spesso è nervoso, a volte
sembra agitarsi soltanto nel vederla accanto a sé, nel ritrovare in lei quella
tranquillità che non riesce quasi mai a trovare dentro sé, e forse non si sente
capace neppure di comprendere il motivo vero del proprio stare male, anche se
comprende bene in ogni caso che le cose stanno proprio in questo modo, e che
lui non potrà mai essere diverso. Suo figlio poi non conta, la maggior parte
delle volte resta in un angolo in silenzio, probabilmente proprio perché non ha
niente da dire, e nonostante i suoi quindici anni non riesce ancora ad avere
delle vere opinioni personali. Qualche volta lui l’ha portato con sé, in
qualche bar, ad assistere a qualche partita, anche in giro senza darsi neanche una
meta, e in tutti quei casi il ragazzo non ha mai detto niente, come se non gli
interessasse affatto essere insieme a suo padre oppure con altri e in altro
luogo.
Sono a casa, dice quando rientra, ed
immediatamente sente il suo spirito che cambia, come una lumaca che sta rinchiudendosi
lentamente nel suo guscio. Suo figlio si trova come sempre in camera sua, ma
esce subito, lo saluta a voce bassa, si mette in un angolo senza guardarlo, e
se lui chiede come vadano le cose con la scuola, gli risponde in fretta che
tutto va bene, che non ci sono dei problemi. Lui allora racconta qualcosa della
sua giornata, sui suoi colleghi, sulle difficoltà che ha affrontato come ogni
giorno svolgendo il suo lavoro. Vorrebbe forse sfogarsi di qualcosa, ma generalmente
si trattiene: in fondo questa è la sua famiglia, e se ci pensa bene non
vorrebbe neppure averne una diversa.
Bruno Magnolfi
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