Sinceramente molto
spesso non riuscivi ad essere davvero critico su quanto certe volte poteva
giungere d’improvviso alle tue orecchie, forse per colpa dei tuoi semplici
tempi di reazione molto riflessivi e normalmente un po’ troppo allentati; così
quando l’ingegnere, pur in mezzo a diversi giri di parole che ti avevano
confuso scaturendo da persona abituata alla trattativa, aveva poi spiegato in
fretta quanto all’incirca ti avrebbe elargito ad ogni ora per lasciarti
svolgere quei lavoretti che ti chiedeva in cambio, tu non riuscisti proprio ad
essere adeguatamente pronto per una risposta forte e negativa come probabilmente
avresti voluto, quella che in fondo forse sarebbe stata giusta, anche se in
seguito continuasti senza sosta come ad elaborare incessantemente dentro di te,
prendendone coscienza con una vaga rabbia montante poco per volta, che per tua
sfortuna su quell’argomento che a te continuava a stare tanto a cuore non c’era
oramai assolutamente più niente da discutere.
Gli dovevi tenere pulite le automobili ogni giorno,
tutt’e nove, mentre pensavi che erano assolutamente troppe per una famiglia
sola, recandoti col tuo maggiolino scassato da studente fuori sede fin dentro al
suo parco che con un enorme muro di pietra appariva circondare, abbracciando tutta
la collina, un vero castello medievale perfettamente ristrutturato,
frequentandone però soltanto gli ampi scantinati giusto per approvvigionamento
d'acqua, e anche di spugne, come pure di stoffe e di varie pelli di daino, e poi
anche di pennelli e pure di spazzole, con quanto altro serviva per rimuovere in
quel paio d’ore o tre che ti avevano concesso, qualsiasi parvenza di polvere residua
da tutte le carrozzerie di quelle loro macchine costose ed eleganti. La moglie,
alla mano ma con un accento straniero indecifrabile, si affacciava svogliatamente
certe volte da una finestra del castello che dava esattamente sull’elegante
cortile dal fondo in ghiaia composto da preziosa pietra tonda ed adibito a
parco auto, ma lo faceva, senza aggiungere
nulla di personale o neanche per incoraggiarti nel tuo semplice lavoro, soltanto
per darti qualche indicazione ulteriore su ciò in cui dovevi occupare in
maggiore misura tutto il tuo tempo di lavoro, indicazioni a sua volta avute
forse telefonicamente, visto che suo marito durante l’intera settimana non
c’era quasi mai, preso da importanti affari internazionali chissà dove.
Lavoravi da solo per tutto il pomeriggio, ma ti
ritenevi alla fine piuttosto fortunato, perché certo nessuno privo di giuste
conoscenze che ne certificassero una moralità senza alcuna macchia sarebbe potuto
giungere fino là dentro al posto tuo. Coincidenze le tue, con ogni probabilità,
anche se portavi avanti la tua occupazione senza ribattere mai niente. C’erano
i tre figli che ogni tanto incrociavi da qualche parte lungo l’ampio cortile,
di cui soltanto due fortunatamente avevano la patente di guida, e che a te
veniva quasi spontaneo chiamare signorini, non conoscendo neppure i loro nomi di
battesimo, e poi senza voler fare alcuna facile ironia, ma solo per un senso di
rispetto che avevi mutuato in qualche modo da qualche pellicola vista al cinema
oppure chissà dove.
La distanza era tangibile, assolutamente incolmabile,
come quando uno di quei giorni ti venne incontro l’ingegnere in persona parlando
in lingua inglese dentro un telefono senza nessun filo, di cui tu fino ad
allora non avevi mai neppure sospettato l’esistenza, e poi ti disse con la mano
sopra il ricevitore, che dovevi preparargli al meglio la Ferrari, perché aveva
un appuntamento di una certa rilevanza, tanto che immediatamente ti dedicasti subito
proprio a quella macchina, con tutti i prodotti lucidanti e profumanti che
avevi disponibili. Passarono parecchi mesi così, fino ad arrivare a quell’estate,
quando tutti si trasferirono alla loro villa al mare. E poi non ti chiamarono mai
più.
Bruno Magnolfi
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