Vorrei perdere la mia identità
mentre cammino per la strada. Dimenticare in un attimo chi sono, la mia storia,
i miei problemi. Mi fermo, guardo semplicemente la facciata di un palazzo, e
cerco di immedesimarmi in qualcuno che neanche conosco mentre lo osservo
rincasare proprio in questo attimo, trasformando forse i miei pensieri in degli
stupidi dettagli di una giornata senza caratteristiche, scorrevole, ordinaria,
priva persino di qualsiasi affanno.
Non sono nessuno, se ci penso; non
ha alcuna importanza ciò che faccio, che io mi arrabbi contro qualcosa che non
riesco assolutamente a digerire, oppure se sia irritato nei confronti di un
destino di cui non conosco neppure la natura e che sembra giorno dopo giorno attirarmi
in una strada senza alcuna via d’uscita. Forse vorrei essere ancora per un po’ quello
che in sostanza sono sempre stato, ciò che quotidianamente in tutti questi anni
sono riuscito con sacrificio a tenere insieme; assemblare così un compendio di
tutti i desideri, di tutte le mie perplessità, di tutto quell’insieme di
piccolissime esperienze che hanno composto la somma dei miei giorni, con tutti
gli sbagli e le rare combinazioni fortunate che pur si sono presentate, naturalmente
senza che io abbia minimamente saputo coglierle, e poi, se fosse possibile, gettarle
via, in un solo unico gesto.
Vorrei che qualcuno tra coloro che
davvero se ne intendono di queste cose venisse qui davanti a me per dirmi senza
alcuna mezza parola dov’è che non ha funzionato il mio progetto, che cosa sia ciò
che è risultato sempre come sospeso ogni volta che ho cercato di dare vita ad
un pensiero che mi girava nella mente; dove non sono riuscito ad imprimere la
giusta enfasi ai miei gesti, ed in quale caso sono rimasto probabilmente troppo
fermo in una posizione debole, aspettando forse che le cose iniziassero quasi
da sole ad acquistare quota, sospinte magari da un alito di vento
improvvisamente generoso.
Mi piacerebbe magari dimenticarmi anche
di tutto, ed iniziare così una fase nuova, qualcosa che non avesse necessità di
un talento particolare, ma che fosse frutto soltanto di un’idea diversa della
realtà, come una voce nuova, un’interpretazione differente di questa normalità
di cui ho sempre sofferto. Rido di questo pensiero mentre continuo a camminare:
tutto si regge sulla capacità di stare esattamente nel posto che ognuno di noi può
mostrare come proprio, anche se alla fine lo stesso tizio che si mostra sa di
non avere una collocazione vera e propria. Cammino restando dentro alle mie
vesti, ma forse potrei essere chiunque mentre percorro queste strade.
Non so bene neanche più che cosa
fare. Andarmene via, allontanarmi rapidamente da tutto quanto ciò che mi
circonda. Oppure mettermi in un angolo come un animale che riesce a fiutare
sempre di più l’approssimarsi del proprio destino, e quindi sfuggire la realtà
ma contemporaneamente sentirsene anche succube. O anche cercare indifferenza, e
proseguire come sempre, dritto sulle proprie gambe, come un personaggio senza
sentimenti, coerente e ligio alla sua sorte. Non lo so, vorrei dare un segnale
a quanti sono in grado di coglierne il valore. Anche se sto chiudendo una per
volta le mie porte, senza lasciarmi alle spalle alcuna via di fuga.
Bruno Magnolfi
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