Ho perso. Forse non è
stata una vera colpa la mia e neppure credo si sia trattato di un madornale
errore di valutazione; difficile difatti persino comprendere qualcosa capace di
causare effettivamente tutto quello che è accaduto. Magari si sono anche
verificate delle situazioni singolari per cui mi sono trovato praticamente
preso in mezzo ad una serie di sciocchezze a cui non avrei mai dovuto dare
importanza. Però di fatto sono caduto in uno stupido trabocchetto teso nient’altro
che dagli eventi. E in ogni caso proprio non c’è appello per quanto riguarda la
mia condizione attuale. Le cose stanno così e bisogna soltanto farsene al più
presto una ragione. Non tanto perché penso di riparare tutto in qualche modo:
non ne ho neanche la voglia, e poi sinceramente non ce ne sarebbe neppure il
tempo. Quanto perché in questo momento cerco soltanto la possibilità di tirare
ancora avanti alla meno peggio, e dopo basta.
Ho avuto degli
abbagli quasi in tutte le cose in cui in qualche modo potevo prendere delle
decisioni che si sarebbero dimostrate fondamentali. Forse perché ho sempre
pensato ottimisticamente che in seguito ci sarebbe stato tutto il tempo per
modificare le mie scelte del momento, una volta eventualmente trascorsi i tempi
delle necessarie piccole esperienze. Invece i fatti conseguenti si sono
solidificati rapidamente mostrandosi ormai come dati di fatto, ed anche
soltanto la possibilità di guardarmi ancora indietro per un’altra volta giusto per
verificare quanto accaduto è presto venuta meno. Adesso sono da solo, senza alcuna
nuova possibilità.
Non ha importanza mi dico, devo soltanto non
pensarci più ed affrontare tutto quanto mi trovo ad avere di fronte elencando
le cose una per una, senza cercare più nessun disegno di massima e soprattutto senza
scopi. Mi accosto al bancone del bar mentre penso questo e sorrido a Giorgio
che in fretta mi serve la mia solita birra. Lo conosco da sempre, lui sa che oramai
sono fuori da tutti i giri, per questo mi dice qualcosa di leggero, quasi
amichevolmente, senza chiedermi alcunché delle mie cose. Forse non dovrei
neanche farmi vedere ancora qui dentro penso, probabilmente dovrei cercare dei
posti dove nessuno mi conosce e magari costruirmi attorno poco per volta un
personaggio diverso da quello che sono e che sono stato. Ma è tutto difficile.
Ho sbagliato, questo è il punto, anche se non so
farmene ancora una ragione. Se chiudo gli occhi sonnecchiando mi pare quasi di
aver ancora da definire una quantità discreta di passaggi, come se tutto
dovesse ancora succedere, ma poi mi guardo attorno e vedo che la realtà mi è quasi
ostile, probabilmente avrebbe voluto da me delle scelte differenti, delle
convinzioni diverse e così forti da non avere mai permesso di far vacillare
tutto l’impianto come invece è accaduto. Lascio i soldi della birra sul bancone
e me ne vado. Non resta per me che ripercorrere a ritroso e con calma le strade
che conosco; girare in lungo e in largo tutti i vicoli in cui ho lasciato
qualcosa delle mie speranze; e poi alla fine dimenticarmi di me stesso,
sciogliendomi in qualcosa di diverso da ciò che ero, impersonando qualcuno che
non guarda più all’individuo come fosse lui davanti a tutti, ma che si sente soltanto
una piccola parte di quella folla di persone che tirano avanti ogni giorno
nella completa indifferenza.
Bruno Magnolfi
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