Sono fermo,
mentalmente intendo. Non riesco più minimamente neanche a pensare a delle
faccende vagamente diverse da quelle consuete, perciò continuo a dibattermi
nelle stesse semplici riflessioni che mi hanno accompagnato costantemente per
tutti questi ultimi tempi, limando e scartando ogni poco soprattutto quelle che
mi hanno procurato maggiore fastidio, finendo però col concentrarmi quasi
sempre soltanto su appena due o tre minime cose, praticamente quasi sempre le
stesse. Non so per quale motivo mi venga spontaneo comportarmi così, forse lo
faccio soltanto nel tentativo volto alla ricerca di una autonoma e rapida
nausea, in modo cioè da trovarmi costretto prima o dopo ad indirizzare la mia
testa verso qualcosa d’altro tipo, qualcosa che magari sia assolutamente
l’esatto opposto di ciò che mi sta appagando in queste giornate senza alcun
significato. O forse anche perché dietro ogni mia scelta non c’è mai stato un
ragionamento particolarmente profondo, soltanto qualcosa dettato da qualche
capriccio, perlopiù momentaneo.
Incontro un amico di
vecchia data, lo guardo senza interesse, lui mi dice con poche parole che le
cose per noi si stanno mettendo piuttosto male, come se non me ne fossi già
accorto da solo, però lo assecondo, annuisco, dico a mia volta che non credo
comunque ad un improvviso recupero dei valori che ci hanno portato fino a
questo momento, ma lui dice che c’è persino dell’altro, e che ognuno di noi
ormai sta pensando soltanto a se stesso. Lo squadro con maggiore interesse: mi
pare sensata questa cosa che dice; ciascuno di noi è completamente scisso dagli
altri, non c’è alcuna possibilità oramai di costruire un’intesa tra tutti quelli
che siamo, l’individuo nella logica quotidiana è ormai al centro di tutto, ed è
in guerra dichiarata con quanto sembra costituire il resto del mondo.
Mi sento perduto,
praticamente abbandonato nella corrente generale che indica come le idee siano
frutto di qualcosa a noi superiore, come se tutte le scelte possibili fossero già
state fatte da altri che volevano fin dall’inizio questo andamento di cose;
così torno a guardare il mio amico ancora per qualche momento, quasi cercando
una parola finale, ma improvvisamente però lo saluto, gli dico che ho bisogno
di andarmene, di trovare in qualche luogo una forma che mi dia maggiore serenità,
verso la ricerca di qualcosa di cui adesso non saprei proprio dire, ma che
sento come un elemento fondamentale per le giornate a venire. Lui mi chiama da
dietro quando gli ho già voltato le spalle, grida che forse ha la soluzione di
tutto, che devo fermarmi, ascoltarlo, perché probabilmente la salvezza delle
nostre giornate sta tutta racchiusa dentro poche parole, che sono poi
esattamente le stesse che abbiamo sempre saputo, quelle alle quali adesso basta
soltanto invertire la logica.
Torno a fermarmi, mi volto, mi sento scettico verso
un argomento del genere, però magari potrebbe avere ragione il mio amico
rifletto: è sufficiente con grande semplicità rovesciare le cose, rendere tutto
contrario, e lasciare poi che il resto vada avanti da solo, producendo
improvvisamente una scia di soluzioni che non saremmo mai riusciti a mettere
insieme andando avanti senza questa intuizione. Gli lancio da dove mi trovo un
cenno di assenso, lo vedo sorridere mentre comunque sono già piuttosto lontano
da lui, poi mi volto definitivamente verso la contemplazione dei miei fatti più
personali, ed alla fine però mi sento leggero, come se con un gesto soltanto avessi
davvero a portata di mano ciò che avevo sempre cercato.
Bruno Magnolfi
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