In giornate come quella
di oggi mi sento confusa. Anche se cerco di svolgere normalmente le solite cose
di sempre le mie attività per loro natura mi appaiono in questo momento piuttosto
strane, sfuggenti, come se avessero improvvisamente perso di senso e non mi procurassero
in questi frangenti alcun piacere. Potrei
forse telefonare per esempio alla mia amica di sempre per chiederle se le vada
di uscire con me, ma evito persino di pensare una cosa del genere, così quando prendo la borsa per andarmene in giro, anche
se non so neanche io verso dove, mi assicuro giusto di averci messo dentro le chiavi del
mio appartamento, e poi basta.
Già mentre scendo le
scale dapprima rallento, osservo qualcosa lungo il corrimano metallico e infine
mi fermo proprio sul pianerottolo del piano inferiore, indecisa se sia il caso
di uscire davvero o magari tornarmene verso la mia poltrona per accendere con
tranquillità la televisione. Alla fine mi faccio coraggio ed esco risoluta dal
portone condominiale, anche se non ho ancora deciso se andarmene a destra
oppure a sinistra lungo la strada. Sto lì che fingo di cercare qualcosa nella
borsetta tanto per prendere tempo, quando mi ferma un mio conoscente che abita
da queste parti. Ci sono giornate in cui tutto va storto, mi dice, ed io gli
sorrido come a conferma di quelle sue parole giustissime, così lui si ferma, mi
chiede se può accompagnarmi per un tratto di marciapiede, ed io incoraggiata da
quella specie di acquisita solidarietà gli rispondo con un altro sorriso consenziente
che si può fare.
Lui si sente sostenuto
dal mio comportamento, e così inizia a raccontarmi diverse cose che lo
riguardano, anche se a me sembrano molto normali e prive di qualsiasi
interesse. Lo ascolto, ma vorrei dirgli che i suoi argomenti in definitiva sono
insulsi, e che forse sarebbe meglio che
stesse in silenzio piuttosto che raccontare cose del genere. Lui ad un tratto dice
che vuole offrirmi un caffè, ed io lo accontento entrando con lui dentro un
locale lì accanto. Poi però chiedo del bagno, sparisco in un piccolo corridoio
su un lato di quella sala e dopo un bel pezzo senza farmi vedere guadagno
l’uscita e torno lungo la strada.
Rido da sola come una pazza del mio innocuo
trucchetto, cammino subito a passo svelto per allontanarmi da quella zona,
infine mi fermo per guardare qualche vetrina. Tutti si aspettano qualcosa da
me, questo è quello che mi fa più impazzire, e che io mi comporti come le
abitudini vorrebbero, decidendo cioè al posto mio, e che magari assuma un
atteggiamento normale come chiunque altro che gira qua attorno. Ed invece è
proprio questo che non mi va giù: sentirmi ordinaria, soggetta ad una logica
stabilita da sempre, costretta a comportarmi come tutti questi altri. Non che
mi senta particolarmente diversa da loro, soltanto vorrei decidere per conto
mio tutto ciò che è meglio per me. Rientro in casa, getto la borsa sulla
poltrona e accendo la televisione, proprio mentre suona il telefono: è la mia
amica, dice che oggi non ha voglia di uscire, e che forse potremo vederci
domani. Va bene le dico; infine riaggancio.
Bruno Magnolfi
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