Eravamo compagne di
scuola, dice la signora Martini. Lei amava sedersi nel primo banco, ogni anno
scolastico, io invece non ci tenevo affatto ad essere sempre sotto gli occhi
della maestra di turno. Però mi piaceva quella bambina, aveva sempre qualcosa
nei suoi comportamenti che le altre non si sognavano neanche. Marisa, le dicevo
certe volte: raccontami una piccola storia che nessuno mi hai mai letto. E lei
lentamente iniziava un racconto che mi faceva subito fantasticare, tanto che
alla fine mi chiedevo dove mai avesse imparato quelle favole così belle e
intriganti. Soltanto più tardi sono riuscita a capire che era capace anche con un
certa facilità e naturalezza di inventarsi ogni vicenda che raccontava, così,
su due piedi, senza preparazione.
Poi ci siamo perse
per tanti lunghissimi anni, forse tutti quelli che sono intercorsi tra la fine del
periodo scolastico e la morte di suo marito. Non lo so per quale motivo, o che
cosa sia successo a lei in tutto quel tempo, però ogni tanto la incontravo per
strada, e più tardi, quando rilevai il negozio di merceria sulla strada
principale del paese, ecco che veniva qualche volta ad acquistare da me ciò che
le serviva. Martini, mi diceva con il suo modo un po’ duro; vorrei questo
articolo. Ed il suo fare mi teneva a distanza, come sempre, tanto che non ho
mai trovato la possibilità di ricordarle in maniera adeguata i tempi
spensierati della nostra infanzia. Ma io non ho mai dimenticato niente degli
anni scolastici, e quando lei in tempi recenti venne a chiedermi se avessi per
caso bisogno di un aiuto al negozio proponendomi sua figlia Clara, dissi subito
di si, perché sapevo che con lei non ci sarebbe più stata un’altra occasione
per riavvicinarsi.
Le dissi che era naturalmente necessario un periodo
di prova, e che non doveva credere che facessi questo per amicizia o per
ragioni di cuore, visto che il funerale di Ernesto si era svolto soltanto
qualche mese più addietro. Mi serve una persona nel negozio, le spiegai senza
sorridere, e Clara mi piace, ma deve impegnarsi e dimostrare di essere
all’altezza del compito. Va bene, disse Marisa, perché forse era proprio quello
che mi voleva sentir dire, e così mi mandò sua figlia da sola, il giorno
seguente, senza accompagnarla né in quella occasione e neppure un’altra volta qualsiasi
in tutto questo periodo da quando Clara lavora da me. Così sono trascorsi già
cinque anni, dice la signora Martini, e a me farebbe tanto piacere che il clima
lentamente cambiasse tra me e la Marisa, anche perché ormai abbiamo ambedue i
nostri anni, e per quanto mi riguarda non mi dispiacerebbe un giorno di questi lasciare
il negozio interamente nelle mani di Clara, visto che io non ho avuto figli, in
modo da mettermi finalmente a riposo.
Continuo a rimandare, lo so, forse dovrei essere
più decisa, ma so pure che prima o dopo dovrò affrontare questo argomento con
ambedue le Carraresi, e so già perfettamente che a Marisa non piacerà per
niente l’idea di dare così tanta importanza a sua figlia anche se invece,
secondo me, la merita tutta. Perché Clara è brava, silenziosa quanto basta, e
con la nostra clientela al negozio ci sa fare davvero, perché ha pazienza e garbo,
tanto che gli affari della merceria vanno piuttosto bene. Forse inizierò col
sentirmi indisposta uno di questi giorni, ed anche se mi dispiace la lascerò
sempre più in solitudine a gestire il negozio, dice la signora Martini; fino a
quando l’argomento sarà già bello pronto per essere discusso nei suoi dettagli.
Bruno Magnolfi
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