“Durante questo periodo le cose sono
cambiate”, dice lei. Nel giardino comunale dove loro due camminano, sembra sia
stata tagliata l’erba di fresco, e l’odore che la natura lascia emanare adesso
dal terreno soffice sotto al sole e negli spiazzi larghi tra le alberature
rade, risulta estremamente intenso e piacevole. Ci sono delle panchine di legno
scuro posizionate qua e là lungo i tortuosi viottoli di terra battuta, però non
c’è quasi nessuno seduto, almeno in questo momento. Lui guarda avanti a sé come
per mostrare tutta la sua possibile comprensione per le parole di cui sembra
mostrare un attento ascolto: loro si stanno rivedendo oggi dopo parecchie
settimane, e non essersi cercati quasi mai per telefono durante tutto questo
tempo in cui ognuno è rimasto chiuso ermeticamente in casa propria, ha assunto
alla fine un innegabile valore di distacco. “Forse aver potuto pensare con
molta calma a tutto quanto, mi ha portato a rivedere alcune posizioni che in
questi ultimi due anni avevo quasi dato per scontate”, gli fa lei. Un cagnolino
poi, uscito da dietro alcuni cespugli, corre giocoso per un attimo verso di
loro, ma ad un tratto però si ferma come ad osservarli, annusa alla sua maniera
l’aria tesa e le facce serie dei due che si ritrova davanti, ed infine, alla
stessa maniera di com’è arrivato, torna indietro. Lui vorrebbe aver già
terminato con quella serie di chiarimenti che sa dall’inizio a che cosa
porteranno, ma anche se è stufo di ascoltare tutte quelle chiacchiere, finge
ancora di essere estremamente attento e interessato.
Di fatto vorrebbe rapidamente cambiare tema, portare il
loro discorrere verso argomenti molto più leggeri, che magari quasi per magia riuscissero
a far tornare un po' di quell’intesa che c'era un tempo tra di loro, anche se
gli sembra molto arduo. Ma lei prosegue rigida e imperterrita a considerare che
forse è stato un bene non essersi visti per quel lungo lasso di tempo, e che
adesso almeno per lei le cose appaiono molto più chiare. Tornano indietro, ad
un certo punto, e si apre come una pausa di silenzio nel loro camminare lento,
senza alcuna fretta; lui non trova alcun argomento di cui trattare, anche se
forse avrebbe parecchie domande da farle, ma all’improvviso tutte gli appaiono
in un modo o nell’altro fuori luogo. Lei invece adesso sembra da sola, come se
non si attendesse alcuna particolare reazione da parte di lui, ed una volta
trovato il coraggio di esporgli la propria interpretazione dei sentimenti che
tratteneva almeno in parte inconsapevolmente dentro di sé, e chissà da quanto
tempo, avesse scoperto finalmente quella forza e insieme quella leggerezza che
infonde nell’animo il proprio sentirsi bene, a posto, privi di quel peso che
certe volte si continua a trascinare dentro se stessi.
Tornano alla strada, lui ha la macchina parcheggiata poco
distante, si offre di accompagnarla da
qualche parte se lei vuole, ma ottiene come immaginava solo un rifiuto, così le
propone di prendere almeno un ultimo caffè insieme in un locale con i tavoli
all’aperto lungo il marciapiede. “Ma tu, sembra proprio non abbia niente da
dirmi,” fa lei; “forse c’è stato fin dall’inizio soltanto un malinteso tra di
noi; e probabilmente è stato tutto per colpa mia”. Lui sorride mentre si
siedono, fa un cenno al cameriere, espone frettolosamente l’ordinazione, poi le
tocca con leggerezza una mano sopra al tavolino, come a voler produrre in lei
un’ultima possibile, improbabile, debole scossa carica di significati, con un
senso forse vago, ma ben più alto di qualsiasi parola da tirare fuori. Lei lo
guarda un attimo, lui si fa serio adesso, le lascia subito quella piccola
stretta alla mano per prendersi una sigaretta e poi accenderla, come per
emettere una boccata di fumo oltre loro due. Lei lo guarda ancora, forse
attende qualcosa che non si verifica, intanto arrivano i caffè, il silenzio
sembra farsi improvvisamente persino troppo pesante; poi lui le dice soltanto:
“va bene così”.
Bruno Magnolfi
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