Fernando
ha telefonato, mi ha detto che voleva vedermi, così abbiamo fissato un
appuntamento per la fine del mio orario di lavoro. Non so cosa voglia dirmi,
non mi ha fatto alcun accenno, e a dire la verità da quando si sono svolte dal
notaio le pratiche per l’acquisto dell’appartamento che la mia agenzia gli
aveva proposto, lui non si è più fatto sentire. Anche se resta il fratello di
Laura, la mia ex-moglie, ha sempre mostrato un comportamento che non mi lascia
tranquillo. Mi ha detto per telefono che è molto soddisfatto del suo acquisto,
e questo naturalmente non può farmi altro che piacere, però adesso non vorrei
scambiare altri rapporti con lui, così come peraltro non ne ho mai avuti, e
come per giunta da anni non ne ho più con sua sorella. Mi ha invitato a casa
sua, <<tanto per farti vedere come mi sono sistemato>>, ha detto
svelto al telefono, e mi ha anche spiegato in modo piuttosto fumoso che forse
ha una proposta da farmi, anche se credo che queste siano le solite sciocchezze
che si dicono soltanto per darsi importanza e per incuriosire qualcuno. In ogni
caso non ho niente di cui dovermi scusare o rammaricare con lui, e quindi mi
sento tranquillo, privo di qualsiasi indugio o perplessità.
Il fatto però, è
che sono troppo legato alle mie solite cose per lasciare che qualcuno possa
pensare di stravolgerle anche soltanto in una maniera leggera. Comunque mi
dispiace apparire scortese con chiunque sia, figuriamoci con Fernando che resta
in qualche modo un mio parente. Perciò va tutto bene, anche se continuo a
lambiccarmi il cervello nel cercare di comprendere che cosa mai desideri da me
una persona come lui, emigrante della prima ora che è riuscito, forse grazie proprio
al suo fiuto, a fare fortuna in un paese lontano e tanto differente dal nostro.
Elisabetta ogni tanto mi guarda segretamente mentre analizza i messaggi di
posta elettronica che riceve sul suo terminale, ed io, che ho la scrivania
dalla parte opposta del nostro ufficio, però voltata verso la sua postazione di
lavoro, proseguo ad elencare le richieste dei presunti clienti che desiderano
visionare qualche appartamento. C’è molto movimento in questo periodo, e
indubbiamente anche se io e lei formiamo un’agenzia immobiliare ridottissima,
ugualmente riusciamo a cavarcela bene, anche se gli utili d’impresa
naturalmente vanno tutti a suo favore, visto che è lei la titolare.
Poi guardo
l’orologio: ho un appuntamento già fissato fra non molto, così metto nella
borsa le carte che mi servono ed il mazzo delle chiavi per visionare questa
casa ubicata in un rione piuttosto lontano da dove mi trovo, così infine esco
dall’ufficio, lasciando Elisabetta completamente immersa nel suo solito
daffare, salutandola con un semplice gesto della mano. Io e lei evitiamo il più
possibile di scambiarci delle opinioni, proprio per non dare vita a battibecchi
inutili e sgradevoli, come già in passato ci è capitato. Ciò non toglie che io
sia quasi sicuro di una sua segreta e leggera sofferenza per il rapporto
distaccato che ci siamo imposti: lei appare sempre nervosa, preoccupata di
avere tutto sotto controllo, tesa per la possibilità, sempre in agguato nel
nostro mestiere, di sbagliare l’uso della parola giusta con qualche cliente
attento, o di dimenticarsi qualche dettaglio che magari possa mostrarsi
fondamentale appena un attimo dopo l’irreparabile. Forse però, dietro a queste
sue perplessità, si trova semplicemente una ragazza forse un po’ sola, con
qualche problema caratteriale da gestire, e soltanto potendo separare da certi
suoi comportamenti la sua vera identità, probabilmente si potrebbe scoprire una
persona dolce, timida, sensibile.
Appare evidente
però che non sono affari miei tutto ciò che ci sta dietro la sua maschera, ed
alla fine io rappresento soltanto l’unico dipendente della sua agenzia
immobiliare, con un piccolo stipendio fisso mensile, e delle provvigioni sulle
compravendite che comunque sono poca cosa in tutto l’insieme. Ogni tanto a
questo proposito mi viene impellente la voglia di chiederle un aumento di
stipendio, e forse per evitare discussioni e arrabbiature, evito persino di
affrontare questo difficile argomento. Non mi sono mai neppure incuriosito
troppo su quanto possa guadagnare una figura professionale identica alla mia in
un’azienda diversa, ma a me sostanzialmente piace la vita tranquilla, le cose
pacate, la capacità di disinteressarsi dei temi troppo spinosi, così vado
avanti come sempre, senza crearmi troppe preoccupazioni, oltre quelle di
mostrarmi cortese e disponibile con qualsiasi possibile cliente mi trovi
davanti.
Bruno Magnolfi
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