Sono
andato a casa di Fernando, su suo invito; d’altra parte, il grande appartamento
che ha acquistato lo ha avuto tramite la mia agenzia immobiliare, e così
desiderava molto volentieri farmi vedere come lo aveva arredato. Si vede subito
che si è affidato ad un professionista per i mobili ed il resto, e quindi gli
ho rivolto con cortesia i miei più sinceri complimenti. Lui, dopo un attimo, ha
preso una scatolina da un cassetto e me l’ha data, mentre con tranquillità stavamo
bevendo qualcosa nel soggiorno; un orologio da polso di gran marca. <<Non
era il caso>>, gli ho detto immediatamente, <<per me è soltanto il
mio lavoro, quello di trovar casa alle persone, insomma>>. Lui però mi ha
guardato senza ribattere. <<Ho un affare da proporti, a questo
proposito>>, mi ha detto poi con serietà. <<Ho notato che c’è molto
movimento nella compravendita di appartamenti in questa città; perciò, io metto
tutti i capitali che servono, tu la tua lunga esperienza in questo campo, ed
apriamo un’agenzia immobiliare come si deve, qualcosa di presentabile,
naturalmente, non come quel buco dove lavori adesso>>. Sono rimasto fermo
col mio bicchiere, incapace di replicare a qualcosa che non mi sarei mai
aspettato. <<Ci vorrà una buona campagna pubblicitaria, agli inizi, ma
sto già pensando a tutto quanto; tu assumi subito per cominciare due o tre
ragazzi da far galoppare in giro a cercare clientela, e per il resto gestisci
tutto quanto dall’ufficio, naturalmente in società con me. Potremmo chiamarla
“F. & A. immobili” sommando le iniziali dei nostri nomi, ma chiederò cosa
ne possa pensare qualcuno che conta nel settore delle immagini aziendali>>.
Mi
sono seduto, ho guardato fuori un attimo, oltre la grande terrazza che si
affaccia su una buona porzione della città, poi ho bevuto un nuovo sorso del
mio aperitivo. <<Hai tempo una settimana per trovare un fondo sulla
strada principale del quartiere che abbia almeno due belle vetrine, e all’interno
lo spazio sufficiente per tre o quattro uffici, completo di servizi. Cosa ne
pensi?>>. Ho deglutito, sono tornato ad osservare la sua espressione
seria, poi ho dichiarato, ma come tra me, che avrei dovuto lasciare l’agenzia
di Elisabetta. Lui ha sorriso, poi ha subito aggiunto: <<la società la
facciamo al cinquanta per cento, ma gli affari dell’agenzia li porti avanti da
solo, io non voglio minimamente essere d’intralcio>>. Sono riuscito a
dire che era senza dubbio una meravigliosa offerta, ma era meglio se ci pensavo
almeno un giorno, giusto per non fare le cose troppo affrettatamente.
<<Va bene>>, ha detto lui; <<all’ora di pranzo di domani però
voglio la tua risposta, ma se fosse negativa sappi fin da adesso che troverò
qualcun altro da inserire al posto tuo>>. Mi è parso che tutto corresse
davanti ai miei occhi come mai era accaduto in vita mia, però non c’era neppure
una pecca rilevabile in quello che Fernando mi stava offrendo, e all’improvviso,
riflettendoci così, mi sentivo davvero del tutto sprecato a lavorare ancora in
quella piccola agenzia di Elisabetta. Quando infine sono uscito da casa sua,
prima di salire sull’elegante ascensore, ho stretto la mano con forza a quel
mio nuovo socio, e mi sono sentito bene, protetto, quasi al sicuro.
Le
cose certe volte cambiano repentinamente, senza preavviso, ed io ho avvertito
girarmi la testa, tanto sembrava che tutto avesse iniziato a prendere per me una
piega differente. Ho pensato di fermarmi un momento alla birreria di Lorenzo,
ma con la sensazione prepotente di essere capace di spifferare immediatamente a
lui tutte le mie cose, ho evitato di andarci, cercando di non farmi influenzare
nelle mie scelte da niente e da nessuno. Sono tornato a casa mia invece, e
visto che c’era il solito vicino sul portone a salutare chi passava, mi è parso
mio dovere fargli un saluto generoso, colmo di un gran sorriso, quasi di chi è
cosciente di avere tra le mani una gran fortuna. Poi ho aperto subito il mio
terminale collegato con quello in agenzia, ed ho scartabellato qualsiasi
offerta sul mercato per un fondo come richiesto da Fernando, e ne ho trovato
uno esattamente del tipo che avrebbe potuto rispondere d’incanto alle nostre
esigenze. Ho controllato tutto quanto ciò che riguarda la possibilità di
adibirlo a degli uffici, considerato che era stato fino a poco prima una
concessionaria di automobili, ma niente mi è sembrato osteggiare il nostro progetto.
Ho pensato di telefonare subito a Fernando per informarlo, ma poi mi sono
trattenuto, anche per non apparire come un bambino sciocco che ha appena
ricevuto un nuovo regalo da scartare. Allora mi sono sdraiato sul divano, ho
chiuso gli occhi, ed ho pensato un po’ a Luciana, incapace di sentirmi in altro
modo se non felice, nel momento esatto in cui l’avrei messa al corrente di ogni
novità.
Bruno
Magnolfi
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