Il
mio vicino di casa dice che secondo lui non va per niente bene: è chiaro che ognuno
ha tutto il diritto di tenere in casa propria un animale da compagnia,
naturalmente; ma lasciarlo scorrazzare nell’ingresso del palazzo condominiale,
lungo le scale, davanti al portone e nel giardinetto fiorito sul retro, a lui non
va proprio giù. <<Capisco che un gatto sia abbastanza difficile da
gestire, però ancora prima di adottarne uno si deve riflettere bene sulle
conseguenze che ci possono essere>>. A me personalmente questo micio grigio
non ha mai dato noia, anzi, lo trovo socievole, sempre pronto a farsi
accarezzare senza dare problemi, però capisco che trovarselo sempre tra i piedi
possa dare disturbo. La signora Gina, del piano terra, non si fa certo dei
problemi, e tiene il suo portoncino regolarmente socchiuso, in maniera che quel
suo gatto possa andare e venire da casa sua con grande libertà, magari scegliendo
di espellere i propri bisogni esattamente in dei luoghi che siano il più
possibile distanti dal suo appartamento, nelle aree condominiali, cioè. Lo
guardo mentre quest’uomo mi parla, e sembra quasi dalle sue parole che quello
comunque sia il massimo di tutti i problemi che una persona possa avere. Lascio
una pausa mentre osservo le chiavi di casa, poi gli dico con piena sincerità
che mi piacerebbe anche a me avere un gatto, e quello subito mi squadra con
severità, quasi avessi detto la cosa peggiore del mondo.
Chissà
cosa dicono di me questi miei coinquilini di vecchia data; forse che sono un
tipo un po’ strano, troppo solitario per poter essere davvero normale. Quindi
lo saluto, anche se capisco di avergli dato una delusione, dopo aver cercato in
me un alleato, ed affronto le scale per andare a rifugiarmi come sempre nelle
mie stanze, quasi come il gatto della signora Gina del piano terra. Devo
muovere qualcosa nei miei comportamenti, penso. Oramai vivo di abitudini, e la
cosa peggiore è che quasi non riesco a fare a meno dei soliti gesti che compio
ogni giorno. Per stasera ho pensato di andare sul tardi a mangiare alla tavola
calda “da Mauro”, e magari aspettare fino all’ora in cui Luciana e suo padre
chiudono il locale, in maniera da proporre a lei di fare un giretto prima di
accompagnarla fino a casa. Posso andare fin lì con la mia utilitaria, e portarla
a prendere un gelato in qualche elegante pasticceria con i tavolini, tanto per
scambiare qualche parola tra noi, così com’è già successo un paio di settimane
più addietro. Non mi sono più fatto vedere alla tavola calda da quella serata,
proprio per non sembrare uno che si approfitta subito delle situazioni, ma
adesso penso proprio di poter azzardare una richiesta del genere, sempre che
lei sia disponibile.
La
saluto, mi siedo, lei si avvicina con il suo sorriso, ed io le chiedo subito se
le vada di uscire con me. <<Stasera sono un po’ stanca>>, mi dice
mentre guarda nel bancone vetrato cosa sia rimasto per la mia cena. <<Non
importa>>, le dico, pronto a ritirarmi in buon ordine anche se la sua
risposta mi fa soffrire anche più di quanto avrei mai immaginato. <<C’è
ancora dell’arrosto con delle verdure>>, mi dice allora, come se questo
piatto sostituisse positivamente qualsiasi altra cosa; ed io naturalmente
annuisco, senza opporre alcuna difficoltà. Penso subito che forse ho fatto
trascorrere troppi giorni senza farmi vedere, e questo comportamento sicuramente
non ha giocato un ruolo a me favorevole, ma adesso è troppo tardi per
rendermene conto, tanto vale che finga, se mai me lo chiedesse, di aver avuto
delle difficoltà di qualche genere. Invece lei torna con un vassoio bello
carico, anche con del vino rosso, e mi dice che potremo comunque rimandare tranquillamente
a domani sera, se a me andasse bene. <<Ma certo>>, le dico di getto,
rinfrancato da quella proposta. <<Fanno della musica, in un locale dove
sono stata una volta: potremmo andarcene lì>>. La osservo quasi
imbambolato, e all’improvviso mi sento felice come un bambino, tanto da dover
distogliere presto lo sguardo dal suo bel viso sorridente, perché mi sento che
potrei addirittura commuovermi per quelle parole. Forse lei si accorge del mio
attimo di confusione, così saluta un cliente che sta andando via, dandomi il
tempo per potermi riprendere.
<<Va
bene, anzi, benissimo>>, le confermo sorridendo. Poi Luciana mi lascia
mangiare da solo sparendo per qualche minuto sul retro, ma quando torna viene
da me, si siede al mio tavolo e mi dice che anche per lei va molto bene.
Finisco, me ne vado dopo averla salutata, risalgo sulla mia utilitaria, e quindi
torno nel mio appartamento. C’è quel gatto sornione della signora Gina dentro
l’ingresso, così gli accarezzo la testa; ed anche lui sembra davvero contento
stasera.
Bruno
Magnolfi
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