Probabilmente
avrei bisogno di prendermi una pausa. Sto di continuo a riflettere sulle
opinioni che si formano gli altri nei miei confronti, dando per scontato che
sia sempre importante essere d’accordo con tutti per quanto riguarda le mie
scelte, tanto che ultimamente sono addirittura passato a frenarmi per certe
cose per cui qualcuno probabilmente potrebbe sollevare qualche critica se io un
giorno di questi facessi una mossa in un senso oppure in un altro. Non riesco
quasi più ad immaginare ciò che mi piace davvero e ciò che invece detesto, e semplicemente
vado avanti con monotonia nella normalità più consueta, provando il leggero ma
concreto terrore che qualsiasi variante prendessi per caso in considerazione,
sarebbe giudicata da qualcuno come un terribile sbaglio. Ogni sera mi fermo come
sempre nella birreria di Lorenzo, che mi conosce oramai da tanti anni,
rispondendo a qualche sua domanda generica con dei semplici monosillabi, e
certe volte soltanto con un accenno di sorriso, tanto mi preoccupa il fatto di
dovergli spiegare come mi stanno andando veramente le cose. Non è che non
vorrei proprio parlarne con lui, quanto mi appare pesante il fatto di dover
affrontare una nuova critica, anche da parte sua, per come mando avanti le mie
giornate.
Poi incrocio sul
portone condominiale il mio vicino di casa, e lui mi guarda un momento con
intensità, quasi vedesse qualcuno semplicemente arrotolato attorno alle proprie
cose. <<Come va?>>, mi chiede fermandosi un attimo, già sapendo senza
alcun dubbio quale sarà la mia risposta, ed io perciò mi limito a fare un
semplice cenno con la faccia e con gli occhi, come se le cose andassero ormai
per proprio conto. <<Ci vuole pazienza>>, fa allora lui, stilando secondo
me il massimo dei luoghi comuni. <<Pensavo stamani che per uno come me
non c’è alcuna possibilità di ritirarsi da questa giostra>>, gli dico
quasi scherzando. <<Perciò devo stare al gioco sempre e comunque, anche
se non mi piace>>. Immagino sia esattamente quello che voleva sentirsi
dire, per cui mi sento abbastanza tranquillo. Lui invece mi guarda meglio,
prende tempo toccandosi la mascella con una mano, e poi fa: <<le giornate
sono composte da tante piccole e grandi esperienze, ed ognuno di noi è sempre
pronto a spiegare agli altri che cosa gli sia capitato, ma sono sempre le
stesse cose, neppure si può più meravigliarsi di niente>>. Forse ha
ragione, rifletto: probabilmente è la personalità che viene a mancare alla
lunga, quel senso distintivo che mostra un proprio modo di mettere a fuoco ogni
cosa, e interpretare anche le consuetudini con un metro di giudizio più individuale.
Così lo saluto e
poi rientro con calma nel mio appartamento: potrei fare un giro, più tardi,
penso con intenzione. Magari infilarmi in un cinema, oppure da qualche parte
dove suonano della musica, considerato che anche se sono da solo nessuno mi
impedisce di fare qualcosa del genere. Forse potrei andarmene a cena in un
ristorante alla moda, invece di andare a sedermi, come faccio anche troppo spesso,
nella solita tavola calda dove peraltro c'è sempre Luciana, che sta aspettando
ancora che io mi decida per fare un giro con lei. Va bene, dico tra me
all'improvviso, come parlando con qualcuno che in questo esatto momento sta
aspettando la mia decisione. Mi cambio d'abito dopo essermi lavato e sbarbato,
e poi torno ad uscire, non senza aver consultato un giornaletto che riporta
l’elenco degli spettacoli per questa sera in città. Esco, prendo la mia
utilitaria ed arrivo rapidamente davanti ad un ristorante all’aperto dove sembra
ci sia un tastierista che fa della musica.
Entro, mi siedo
ad un tavolino che mi indica il cameriere, poi scelgo qualcosa da mangiare
nell’elenco sopra la carta che mi è stata portata. Mi guardo attorno, non c’è
molta gente, forse questo posto è frequentato con un orario più dilatato,
penso, in ogni caso a me va benissimo in questa maniera. Trascorre quasi una
buona mezz’ora, poi mi servono la mia ordinazione, mentre sto chiedendomi con
sempre maggiore insistenza che cosa ci sto a fare da solo in un luogo del
genere. Assaporo i piatti, ascolto la musica che sembra gradevole, e
all’improvviso ho l’impressione che qualcuno stia dietro di me ad osservarmi. Mi
volto, ma non c’è nessuno che guarda dalla mia parte, tutti sono in compagnia,
ed impegnati in risate e in conversazioni. Avrei potuto invitare Luciana in un
locale del genere, penso con intensità; e magari adesso comportarmi proprio come
tutti, invece di starmene da solo come qualcuno che non riesce neppure ad avere
un po’ di compagnia per la cena. Saldo il conto, alla fine, poi mi alzo e quindi
me ne vado. Potrei passare adesso dalla tavola calda dove lavora Luciana, tanto
per farle una sorpresa, vista l’ora. Ma ormai è tardi, rifletto, nel suo locale
hanno già chiuso, molto probabilmente; va bene, penso; sarà per la prossima
volta.
Bruno Magnolfi
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