<<Ciao,
Luciana>>, le ho detto, appena si è seduta nella mia macchina. Mi ha
guardato con un largo sorriso, ha sfiorato leggermente con la mano il dorso
della mia, e ha bisbigliato che aveva da riferirmi una novità che la riguardava
da vicino. Ho messo in moto, ingranato la marcia, poi ho svoltato verso la
strada principale. Avevamo deciso di vederci già da un paio di giorni, e la scusa
stava nel fatto di andare ad assistere ad un concerto del suo cantautore
preferito, così mi sono mostrato immediatamente disponibile ad accompagnarla, una
volta trovati i biglietti in prevendita. <<Mio padre desidera lasciarmi
la gestione della sua rosticceria-tavola calda>>, ha detto subito lei,
guardando oltre il parabrezza. <<Ma io gli ho detto che mi piacerebbe
trasformare il locale in una trattoria tradizionale, e lui si è mostrato abbastanza
favorevole>>. Ho detto subito che questa notizia mi pareva davvero
fantastica, e che mi prenotavo già da ora per andare a cena nel suo nuovo
ristorante. Lei mi ha spiegato che la sua vera passione era quella di cucinare,
proprio come le aveva insegnato sua madre fin da quando era ancora una bambina,
e che però, trascorrere tutti questi anni nella rosticceria della famiglia, per
lei non era stato il vero coronamento del suo sogno. <<Ma adesso, prese
le misure, si è visto che eliminando il bancone riscaldato e tutto il resto, si
ottiene uno spazio sufficiente per diversi tavolini, fino a riuscire a mettere
seduti anche una quarantina di clienti>>. L’ho guardata per un attimo,
mentre eravamo fermi ad un semaforo, trovandola bellissima con quella sua espressione
di entusiasmo che fino ad oggi non le conoscevo.
<<Dobbiamo
festeggiare>>, le ho detto mentre cercavo un parcheggio nella zona del
teatro Verdi; <<prima assistiamo al concerto, e dopo ce ne andiamo in un locale>>.
Così siamo entrati all’interno della sala e ci siamo seduti in platea nei posti
a noi assegnati. <<Non ci vorrà neppure troppo tempo>>, ha
proseguito lei, parlando sottovoce. <<In fondo, la cucina sul retro è
grande, e quindi resta la stessa, almeno per il momento, e per la sala è
sufficiente una rifrescata alle pareti, magari dei quadretti appesi che sappiano
dare un senso al nuovo locale, e poi l’acquisto di un numero di sedie e
tavolini, tipo osteria, che siano sufficienti>>. Le ho sorriso, ancora
incredulo, ed ho annuito di nuovo, senza riuscire a trovare neppure le parole
giuste per dimostrarle tutta la mia contentezza. <<Lascerò il nome di mio
padre nell’insegna, e lui in cambio mi darà una mano agli inizi, e pagherà le
spese della trasformazione. Sono felice, non so dirti neppure come io mi senta
in questo momento. Mi pare quasi il giusto riscatto per mia madre, che in vita
sua è sempre stata in cucina a sbucciare solo patate o poco più>>. Poi un
presentatore è salito sul palco ed ha annunciato con enfasi il cantante ed il
gruppo dei musicisti che lo accompagnavano, ed io allora ho preso una mano di
Luciana, e lei si è stretta a me. Ho pensato subito che ad un momento così non
ci fosse proprio niente da aggiungere: la musica fluiva, le canzoni apparivano
bellissime, la serata era felice.
In un caffè
elegante poco lontano ci siamo fatti servire poi due coppe di spumante di gran
marca, e dei tramezzini leggeri che ne accompagnassero ogni sorso. Io e Luciana
abbiamo parlato di quei testi in musica appena ascoltati, e ci siamo trovati perfettamente
d’accordo su molti di quegli argomenti, tanto da sembrare che attorno a noi non
esistesse quasi più niente, come fossimo protetti da una grande bolla di vetro:
all’interno, solo noi due, i nostri sguardi, le nostre parole, le espressioni
sorridenti, con la costruzione calma di una relazione ancora da iniziare, ma desiderata
fortemente. Quando infine siamo usciti, poco prima di salire in macchina, ci siamo
scambiati un bacio, così, in mezzo ad un parcheggio, come ragazzini che non
tengono conto di nulla, provando la necessità di sentirsi liberi di manifestare
qualcosa di prezioso che improvvisamente sentivamo dentro. Ci siamo salutati
davanti casa sua, con tenerezza, senza voler esagerare nel nostro ritrovarsi
vicini. Tornando indietro, da solo dentro la mia auto, mi è sembrato che
qualcosa di Luciana fosse ancora accanto a me, forse i suoi silenzi, il suo
guardarmi, il suo bagaglio di sentimenti puri.
Sono
rientrato nel mio appartamento come se ancora volassi sopra al pavimento, poi
mi sono concentrato per qualche momento sulla giornata di lavoro che mi
attendeva l’indomani, poi ho dato un’ultima occhiata, nella stanza adibita a
studio, sulla mia agenda degli impegni, ed infine mi sono coricato, provando
quella leggerezza che non avevo più avvertito da chissà quanto tempo. Il
silenzio della notte, infine, mi ha chiuso gli occhi, e tutto intorno ha preso
lentamente la forma dei desideri rimasti inespressi, e forse schiacciati in un
angolo angusto, e quindi dimenticati; fino a poco prima.
Bruno
Magnolfi
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