Mi devo
sforzare, per essere più diretto. Guardare negli occhi chi mi parla, rispondere
sempre con il minimo di parole, senza sbagliarne neppure una, e poi accettare
uno scambio di opinioni soltanto su argomenti importanti, che davvero ne
valgano la pena. Non esco quasi più la sera con i miei amici di un tempo; mi
sento diverso adesso, ho altre cose che mi passano dentro la testa. Rifletto,
specialmente su tutto quello che sta avvenendo sul mio posto di lavoro, e mi
rendo conto che vorrei sapere di più su tutto quanto, almeno al punto di essere
in grado, pur con le mie scarse conoscenze, di dipanare quel senso di estraneo
che a volte mi prende, specialmente quando sento qualcuno che parla di
argomenti di cui ho coscienza di non sapere quasi nulla. Quando Laura mi ha
detto che per lei immedesimarsi negli altri è qualcosa che le torna pressoché
naturale, ho provato subito un brivido; mi è parsa una cosa bellissima e
contemporaneamente complessa, e sono contento che abbia deciso di affrontarla,
accettando l’aiuto di qualcuno che può riuscire a far risaltare le sue doti. Se
ognuno di noi riesce a trovare il suo filo conduttore, alla fine scopre che
basta seguirlo per scoprire molte delle risposte che andava cercando. Sono
sempre stato un tipo piuttosto silenzioso, però mi piace la compagnia; anzi,
penso che da soli non siamo proprio nulla, e che sono semplicemente gli altri a
dare risalto ad ogni tua idea, anche se la metti a punto in completa
solitudine. È il confronto che mi interessa adesso, ed il sentire di poter
essere utile a chi mi sta vicino.
<<Alberto>>,
dice mia madre quando mi fermo nella casa dei miei a mangiare qualcosa o a
scambiare quattro chiacchiere, come sempre. <<Ma cosa sta succedendo giù
all’Ufficio postale? Tuo padre e tuo zio sembrano preoccupati della situazione,
tanto che vogliono muovere le loro conoscenze per comprendere qualcosa di
più>>. La riguardo un momento senza rispondere né replicare. Infine, mi
alzo, so che lei nota facilmente la mia attuale espressione, forse più seria
del solito, perché sa che è venuto anche per me il momento di sentirmi
impegnato in qualcosa, e che in questo lavoro che svolgo voglio mettere tutto
me stesso, anche se non sa fino a che punto e verso dove mi stia indirizzando.
Si accenderà una discussione con toni accesi quando mio padre scoprirà che ho
preso una tessera sindacale avversa alle sue idee: mi farà un sacco di domande
senza neanche aspettare le risposte, si arrabbierà, dirà che non è certo questo
ciò che si aspettava da me e dalle mie scelte. Ed io dovrò essere pronto, non
sono più questi quegli anni in cui alzavo le spalle volgendo lo sguardo da
qualche altra parte, e lasciavo che qualsiasi stupidaggine avessi commesso
sbollisse piano da sola. <<Non lo so con precisione>>, le rispondo
alla fine. <<Certo è che qualcuno ha deciso di mettere in forte
difficoltà chi lavora là dentro, ma riusciremo senz'altro a venire a capo di
ogni problema>>.
Ogni tanto
mi pare quasi di andare preparando per la mia famiglia una polpetta avvelenata,
però devo allontanarmi il più possibile da loro se voglio essere me stesso.
Proseguire nel solco dei loro convincimenti era già parso abbastanza fuori
luogo da diverso tempo; ultimamente poi tutto è andato a radicalizzarsi, e
dietro al mio evidente spaesamento non ci può essere altro che una ricerca
autonoma di scelte e di valori. Devo prepararmi per dire questo a mio padre,
anche se lui non vorrà comprendere nulla di quanto gli farò ascoltare. Non
importa, non faccio male a nessuno. <<Ma tu non hai niente a che vedere
con questi sconvolgimenti di cui si sente dire>>, chiede mia madre come
per rassicurarsi che non stia scoppiando all’improvviso qualcosa a cui non si
sente preparata. La guardo ancora: <<assolutamente no>>, le dico,
<<anche se ciò che sta accadendo è forse il motivo che mi costringe a
prendere una precisa posizione, e a definire un’idea che possa spiegare almeno
qualcosa di quanto mi riguarda così da vicino>>. Adesso lei resta in
silenzio, e forse mi osserva in una maniera nuova, ma io so che è pronta ad
accettare quasi tutto di me, anche se la mia nuova livrea prepara poco per
volta lo scontro con mio padre.
Poi salgo
al piano superiore, dove posso starmene da solo, dentro alle mie stanze, a
riflettere con calma tutto quanto. Mi piacerebbe poter telefonare liberamente a
Laura, almeno qualche volta, e raccontarle dei miei dubbi, delle mie
perplessità, dopo aver ascoltato gli aggiornamenti sul suo sbalorditivo
spingersi in avanti, nella sua paziente ricerca di un’identità più autentica. Ma
le ho promesso fin da subito di non coinvolgerla neppure per un attimo
all’interno di questo mio altrettanto difficile percorso, che peraltro mi
appare sempre meno facile seguire, e per nessuna ragione voglio gettare all’aria
quanto con sincerità le ho voluto assicurare.
Bruno
Magnolfi
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