Che cosa
importa, in questi anni ormai quasi da anziani, impegnarsi ancora in quelle
complesse e particolari attività che ci erano addirittura state additate dai
nostri genitori, fin da quando eravamo dei ragazzi, proprio come le uniche
possibili, quasi non esistessero in giro praticamente altre scelte, e si
dovesse mostrarsi per forza in una certa maniera, bramando il potere dei conti
correnti quasi più di quello di un buon nome da spendere? Ci siamo impegnati, lo
riconosco, ed abbiamo anche trovato le strategie più adeguate, le conoscenze
più adatte, gli strumenti migliori per spiazzare ogni altro concorrente sulla
piazza, e mettere su delle imprese che funzionassero al meglio, brillassero sul
mercato, e naturalmente ci permettessero i guadagni che avevamo sperato sin dai
difficili inizi. A qualcuno di noi naturalmente è andata meglio che ad altri, e
personalmente credo che possa accontentarmi parecchio di ciò che sono riuscito
a mettere in piedi, magari con un pizzico di fortuna, ma poi, soprattutto,
sempre spalleggiato dalle persone giuste. Però l’età anche per me inesorabilmente
avanza, e non è più di troppo interesse portare ancora avanti quelle stesse
strategie, laddove le giornate si riducono alla fine soltanto ad una serie di
piccole abitudini da attempati, che non cercano più alcuna grande novità, ma
soltanto la consapevolezza di non essere stati, almeno per tutto questo tempo,
degli individui completamente inutili, ma persone capaci di dare un seguito a
tutto.
Questo penso negli ultimi giorni,
ed è diventata poco per volta una collana di riflessioni quasi monotone che
sembrano volermi braccare sempre più da vicino, proprio adesso che invece il mio
unico figlio, Alberto, sembra proprio desideri fare di testa sua ad imboccare
una qualsiasi strada di vita, ed allora mi rendo conto che forse l’ho lasciato
allontanarsi un po’ troppo dalla sua famiglia di appartenenza, senza maturare
quella consapevolezza che avrei desiderato vedergli brillare negli occhi al
semplice comprendere che la mia generosa impresa commerciale sarebbe diventata
presto la sua. L’ho lasciato fare, non l’ho instradato mai, come sicuramente
invece avrei dovuto, allo scopo di fargli fare pratica nel mio settore. E così
lui non ha acquisito quella passione che immaginavo gli sarebbe saltata fuori
improvvisamente da un giorno all’altro, tanto che adesso sembra quasi non
riconosca i legami che lo uniscono ai suoi genitori ed al buon nome che gli
abbiamo dato, mentre invece lui adesso deve impegnarsi, come non ha ancora mai
fatto, nel portare in avanti con fierezza questi valori.
Devo tentare una strada diversa
con lui, non c’è alcun dubbio; devo prenderlo sottobraccio e guidarlo con
attenzione e pazienza verso quegli scopi che in fondo da sempre ho immaginato
per il suo futuro. Sicuramente nel prossimo periodo troverò delle difficoltà, e
lui si mostrerà recalcitrante a cambiare anche soltanto qualcosa di quello che crede
di aver acquisito. Devo portarlo con me, fargli vedere per la prima volta quali
siano a fine mese le contabilità reali della mia azienda, fargli toccare con
mano le possibilità che si offrono a lui nell’iniziare ad avere delle
conoscenze che costituiscono un vero peso, e che aprono sbocchi insperati,
contratti inimmaginabili, messi su a forza di telefonate importanti e di
promesse assolutamente da mantenere. E poi recarsi insieme con me a dei pranzi di
lavoro dove si instaurano rapporti, si fa vedere con chiarezza quali siano i
nostri propositi, si dimostra la serietà e l’assennatezza delle nostre idee,
fino a evidenziare che c’è un mondo di cui facciamo parte anche noi, e che per
nessun motivo può mai permettersi di dimenticarci o di lasciarci da parte.
Alberto comprenderà tutto questo,
ne sono già più che sicuro, ed anche se fino adesso non mi sono preoccupato sufficientemente
di lui, scioccamente piazzandolo a fare l’impiegato delle Poste, tanto per non
vederlo più ciondolare coi suoi amici tra i locali del nostro paese, ed immaginando
che la consapevolezza di essere un semplice numero del sistema lo portasse con semplicità
verso di me, adesso che ho capito di aver fatto uno sbaglio, desidero più di
ogni altra cosa riparare l’errore. Forse fino adesso non gli ho dato mai la
fiducia che probabilmente meritava già anni addietro. Probabilmente ho
immaginato che le cose potessero aggiustarsi da sole, quasi senza necessità di
interventi decisi da parte mia. Però siamo ancora in tempo a raddrizzare tutto
quanto e ritrovare rapidamente un dialogo tra noi, quello stesso che in questi
ultimi anni purtroppo è andato quasi completamente ad erodersi, lasciando del
tutto a sua madre, così come ho fatto, il compito di tenere i rapporti con il
nostro unico figlio. Lo riconosco, non ci sono mai stato in casa a vederlo
crescere: gli interessi e le amicizie che contano mi hanno sempre trattenuto
distante. Ciò non significa che le cose non possono giungere improvvisamente ad
una svolta, e mostrarsi di colpo in una maniera del tutto differente. Dovrò
impegnarmi in questo senso, lo comprendo assolutamente; ma con la serietà con
cui ho affrontato per tutti questi anni ogni dettaglio che mi ha circondato,
ugualmente voglio comportarmi con lui, e fargli ritrovare quella stessa famiglia
che vuole tornare ad abbracciarlo.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento