Quando
Alberto giunge davanti alla casa dei suoi, dopo svariate settimane in cui ormai
sta abitando da solo in un diverso appartamento, e persino in un altro paese,
pur della stessa provincia, sa perfettamente che in questo esatto momento non è
in ritardo, come era suo solito arrivare in situazioni del genere parecchio
tempo addietro, quando gli piaceva far attendere suo padre, e riusciva
costantemente a farlo innervosire proprio in questa maniera. Non sa spiegarsi
neppure il motivo esatto che gli ha fatto decidere di accettare questo strano
invito al pranzo domenicale, però vuole mostrare in questo periodo la massima
sicurezza di sé, capacità di tener testa a qualsiasi problema possa
improvvisamente presentarsi, sapendo perfettamente di essersi messo in una
situazione in cui appare libero, non più ricattabile moralmente, o almeno non
con quei mezzi che la sua famiglia è sempre stata pronta ad esercitare in altre
situazioni. Spera tanto però che suo padre finalmente si sia ammorbidito, e che
cerchi adesso di fare avvicinare le loro diverse posizioni, dopo parecchi mesi
in cui si sono evitati, e in cui loro due non hanno più avuto occasione di
scambiare qualche parola. Forse vuole ancora dirmi che dobbiamo essere una sola
famiglia, come a lui piace immaginare, pensa adesso Alberto mentre perde ancora
qualche secondo di tempo davanti al cancello chiuso che delimita la proprietà
dei suoi genitori. Il giardino è come sempre ben curato, nota perfettamente da
fuori le sbarre, e la facciata della casa di famiglia è armoniosa ed elegante,
così come è stata immaginata tanti anni fa, in sede di progettazione.
Infine,
lui entra, dopo aver premuto con gesto divertito il campanello, a dimostrazione
del fatto che non ha più con sé neppure le chiavi. In casa a riceverlo al momento
c’è soltanto sua madre, che lo fa subito entrare con ampi gesti e grandi
sorrisi, probabilmente a dimostrazione come di un grande affetto ora ritrovato.
Suo padre invece sembra proprio che in questo momento ancora non si trovi in
casa, del tutto inaspettatamente, ma magari per impegni o per una scelta
precisa. <<Devo dirti una cosa>>, gli fa subito lei. <<Tuo
padre ha fatto degli esami clinici, degli approfondimenti, delle analisi,
insomma. Ha un tumore, purtroppo, e neppure tanto precoce>>. Alberto assorbe
questa notizia come una fucilata improvvisa, lui che aveva sempre pensato a suo
padre come ad una statua irremovibile fatta di materiale duro e coriaceo, un
busto di bronzo o di marmo posto proprio in mezzo alla sua vita, ed
improvvisamente invece vede scorgere davanti a sé qualcosa di completamente
diverso, un uomo fragile, come tutti, con un destino e un probabile epilogo
imminente e già quasi deciso. Volge lo sguardo, accusa il colpo, non riesce
neppure a formulare una domanda qualsiasi per mostrare il suo interesse per
l’argomento. La mamma lo abbraccia, forse lei avrebbe voglia di piangere, ma
anche lui si sente commosso, e la debolezza dell’essere umano riporta di colpo
ogni attrito del passato alle spalle, dimenticando il resto come tante sciocchezze
senza alcuna importanza. Si siede, lascia che almeno un attimo di tempo gli
faccia riprendere lo spirito che voleva dimostrare fin dagli inizi, anche se
tutto adesso è diverso, è evidente, e lui ne è ben consapevole.
La
madre prosegue a parlargli di cose minori, di avvenimenti senza importanza, di
qualche piccola faccenda svolta negli ultimi giorni, quasi per alleggerire i
pensieri, e sembra volersi preoccupare così di riempire quel vuoto che
all’improvviso pare quasi minacciare le stanze stesse di quella casa. Ma poi
arriva lui, con il suo solito pacco di carte e giornali sotto al proprio
braccio, come a voler perpetuare la tradizione di tenersi informato in ogni
caso, qualsiasi cosa possa accadere, senza alcuna deroga alla tradizione
stabilita. Si guardano un attimo, lui e suo figlio, e il padre gli stende la
mano, come si fa tra persone serie, tra individui che capiscono perfettamente e
sanno dare importanza ai momenti che assolutamente ne hanno, ma Alberto non si
trattiene, e lo abbraccia, come non aveva più fatto probabilmente da quando era
ancora un ragazzo. Non c’è neppure bisogno di spendere delle parole, tutto è
spiegato, tutto è chiaro, adesso c’è soltanto la necessità di salvare il
salvabile. Infine, si siedono a tavola, nel largo salone, e la ragazza che
aiuta in casa la madre di Alberto, porta subito qualcosa da bere, e tramite un
piccolo gesto comprende immediatamente di attendere almeno qualche minuto prima
di servire quel pranzo, lasciando che le cose si dipanino con calma, senza
affrettarle.
<<Dobbiamo
parlare>>, dice il padre di Alberto, e lui annuisce, ancora incapace di
immaginare quali possano essere quelle parole con cui devono tentare di
ricucire tutti quegli anni di incomprensione, di lontananza, di indifferenza,
ognuno verso l’altro, nello stare dietro a delle vite diverse. <<Sono
qui>>, dice Alberto alla fine, quasi a sottolineare che adesso quello che
c’è da fare lui lo farà, e non tenterà neppure per un momento di tirarsi
indietro da ciò che suo padre si attende da lui. <<Dovrai prendere
qualche giorno di permesso, sul tuo posto di lavoro>>, dice il papà,
<<e venire con me in concessionaria, a renderti conto di persona che cosa
molto presto diverrà necessario. In seguito, non c’è fretta, ci penserai con
calma, e poi deciderai tu cosa davvero vuoi fare>>.
Bruno Magnolfi
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