Alla fine, Federico è tornato a
casa, mostrando un vistoso bendaggio che gli copriva interamente l’occhio
sinistro, e poi la faccia smunta, l’espressione seria, di chi si sente stanco e
provato da un’esperienza a dir poco negativa. La mamma si è subito prodigata con
gesti e parole per cercare di alleviare le sue sofferenze, ma lui si è mostrato
superiore, come se avesse già superato la prova del dolore. Nostro padre, che
ultimamente per qualsiasi cosa sembra cadere spesso dalle nuvole, gli ha
chiesto che cosa mai fosse accaduto, e lui con riluttanza ha spiegato a tutti noi
di avere sbattuto semplicemente contro un palo segnaletico mentre correva, e nient’altro.
In seguito, quando io e lui siamo rimasti soli per un momento, gli ho chiesto
la spiegazione vera, e Federico ha detto che, mentre sfilava all’interno della
manifestazione degli studenti, qualcuno lo ha riconosciuto come un
simpatizzante del Centro Giovanile di Destra, e immaginando fosse lì solo per
provocare, gli si è rivoltato contro, fino a dargli un pugno in piena faccia.
<<Ero con Cristina>>, mi ha detto lui con tenerezza, <<e
stavamo camminando, semplicemente, senza fare altro>>. Io non ho detto
che l’avevo notato nella piazza dell’ateneo, in mezzo alla calca, e per non
irritare le sue presunte nuove posizioni politiche non ho fatto alcun
apprezzamento, di alcun genere. Però mi è parso che qualcosa in lui fosse
cambiato parecchio, anche se non saprei dire che cosa di preciso.
Ho atteso a lungo il momento
migliore, infine gli ho detto a voce bassa che mi dispiaceva che per tanto
tempo io e lui non ci fossimo comportati come dei veri fratelli, mostrando
sempre una distanza che forse non ha nemmeno mai avuto un vero senso.
<<però è colpa mia>>, gli ho detto subito; <<perché non ho
mai saputo bene come comportarmi, ed ho lasciato spesso soltanto al silenzio il
compito di trasmettere i miei pensieri e le mie idee>>. Federico è
rimasto immobile, con la sua buffa testa mezza fasciata. Sicuramente non si
aspettava un’ammissione di colpa da parte mia, e soprattutto una richiesta di
cambiamento, anche se l’ho visto tremare leggermente a quella mia offerta di
vicinanza. Sicuramente ha pensato per prima cosa che ci fosse un motivo di
qualche genere per decidermi a parlare in questa maniera, ma poco dopo deve
aver riflettuto meglio, ed alla fine ha detto: <<non so, è un periodo
strano, e tutto sembra accadere molto rapidamente. Però sono contento che mio
fratello mi parli così, in modo sincero, perché in fondo non è successo niente
di irreparabile tra noi, ed anche se fosse successo, sono d’accordo che sia
giunto il momento di lasciar perdere e mettersi a fare le persone
mature>>. Ho sorriso, anche se avevo voglia di abbracciarlo. Ma subito
abbiamo scambiato una battuta di spirito, ed ognuno quindi ha ripreso ad
occuparsi delle proprie cose.
<<Anche la mamma è strana
in questo periodo>>, gli ho detto, dopo che lui ha girato per casa
mettendo in ordine i suoi libri scolastici. Lui non ha risposto, ma si vedeva
che non stavo dicendo niente di insolito. <<Deve essere preoccupata per
la depressione del babbo>>, ha però detto in modo svelto, come per
togliere importanza alla faccenda. <<Non so>>, gli ho fatto io;
<<forse si sta incrinando qualcosa tra di loro, o magari intorno a loro.
Può darsi che sia giunto un periodo di stanchezza nel loro rapporto, e che
forse non sia neppure una cosa troppo recente, ma che adesso si è catalizzata
con il riposo forzato di nostro padre, che così immobile e silenzioso per casa
non l’avevo neppure mai visto>>. Poi Federico si è scosso, ha voltato la
testa, probabilmente ha cercato dentro di sé un argomento che soppiantasse
questi discorsi che con certezza lo facevano sentire male, e allora ha detto:
<<ero con quella ragazza, oggi; quella Cristina di cui ti ho già
accennato; mi piace, sto bene assieme a lei, ed anche se mi sono preso un pugno
in faccia che forse nemmeno meritavo, sono contento di essere andato alla
manifestazione di stamani per stare con lei>>. Probabilmente, l’attimo
dopo ha riflettuto meglio sulle proprie parole, ha lasciato trascorrere qualche
secondo, ed alla fine ha chiesto: <<ma tu non c’eri?>>, come se
fosse quasi il suo ultimo pensiero, anche se nessuno di noi due sapeva che era
la domanda che voleva rivolgermi fin da quando era rientrato in casa.
Allora mi sono alzato dalla
scrivania, ho fatto due o tre passi nella stanza come per prendere tempo, e poi
ho detto: <<non sono queste le manifestazioni che cambieranno davvero le
cose. Non è un momento facile, e dovremmo cercare di impegnarci a fondo se non
vogliamo che tutto peggiori rapidamente>>. Lui è sembrato di nuovo
pensieroso, ma non ha trovato niente da ribattere. Alla fine, ha mormorato
soltanto: <<allora c’eri anche tu, e forse mi hai visto in mezzo a tutti gli
altri ragazzi>>. Sono tornato a sedermi alla scrivania, con gesti lenti,
quasi affaticati. <<Certo>>, gli ho detto con determinazione.
<<Anche se non credo che serviranno a molto queste azioni>>.
Bruno Magnolfi
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