<<Non fare il cretino>>,
mi ha detto in malo modo uno dei ragazzi del Circolo Giovanile di Destra.
<<Stasera tu vieni con noi; attacchiamo insieme qualche manifesto di
propaganda sui muri, poi facciamo un giro davanti al Sindacato, e così una
grande e bella scritta di vernice nera sulla loro facciata campeggerà là sopra
per qualche tempo, a ricordare a tutti chi siamo noi e quanto contiamo>>.
Sono perplesso, mi sento combattuto tra il proseguire a dare retta a questi
invasati e conseguentemente dare contro al Sindacato che sta curando le sorti
di chi lavora alla consegna delle pizze a domicilio come me, oppure rinunciare,
anche se essermi schierato dalla parte di chi sta contro a ciò che piace tanto
a mio fratello mi sembra una maniera per essere più vero. Lui ha sempre fatto
il comunista, quello che ha capito tutto ancora prima di molti altri, e spesso
si comporta come guardasse il mondo da un gradino più in alto di qualsiasi
altro, ed io forse non lo so, ma non voglio darla vinta facilmente a quelli
come lui. Così dico che va bene, e ci diamo appuntamento ad un angolo di
strada, <<senza dare troppo nell’occhio>>, mi raccomandano subito
gli altri tre che sembrano già navigati in questo tipo di operazioni. Ma io mi
sento ancora combattuto, e non so decidermi se questo comportamento sia quello
giusto oppure no, proprio adesso che potrei riprendere a rivedermi con Cristina
che osteggia tanto le persone di Destra.
Alla fine, ci vediamo come pattuito,
ed io mi sento nervoso, sono deciso a non fare altro che accompagnare queste
persone che conosco, e al massimo reggere la colla o i manifesti da attaccare,
ma quando mi rendo conto che questi ragazzi sono animati da un rancore
sanguigno verso tutti coloro che non vedono le cose nella loro stessa maniera,
e che hanno sempre bisogno, almeno nei discorsi che mettono in campo, di
individuare un nemico contro cui scagliarsi, allora mi sembra che qualcosa in
tutto quanto non sia più nella stessa maniera di come l'avevo immaginato. Non
può essere un nemico per me il mio stesso fratello, rifletto; non può essere
un’avversaria quella ragazza che mi piace e alla quale vorrei dedicare tutto il
mio tempo, se solo potessi. Poi gli altri ad un tratto prendono via di corsa
nel buio delle strade, sfuggendo il più possibile alla vista, soltanto perché
hanno notato i lampeggianti della Polizia, ed io ne approfitto per fermarmi un
momento sotto un lampione, a riprendere fiato, e poi tornare indietro, senza
preoccuparmi d’altro. Infine, rimasto solo, torno verso casa, anche perché
ormai è piuttosto tardi: tra un paio di giorni dovrò riprendere con la consegna
delle pizze, devo riposarmi, recuperare le forze per andare avanti con il mio
lavoro del fine settimana, e smetterla con queste scorribande senza alcun
significato. Potranno ricattarmi, questi ragazzi del Centro Giovanile, andare
in giro a dire che sono un pappamolle, uno di cui non ci si può fidare, e più
temibile di tutto, che sono un picchiatore impaurito, incapace persino di
mostrare i muscoli.
Prendo lungo una strada ben
illuminata, e intanto cerco di pensare alla soluzione migliore per uscirne bene
da tutta questa faccenda, ma quando ormai sono vicino casa mia, scappano fuori
non so da dove i ragazzi di prima, mi bloccano con fare aggressivo, dicono
subito che di me non ci si può fidare, e che è meglio se da loro io non mi
faccia più vedere, e per metterci la firma mi assestano un pugno per ciascuno
in piena faccia, scaraventandomi a terra con il naso insanguinato e la bocca
dolorante. Poi proseguono, tirando dei calci al mio corpo ormai senza difesa,
ed anche se non urlo, forse per questi qui è come se lo stessi facendo, tanto
ci mettono impegno. Poi se ne vanno, ed io resto lì qualche minuto, ma infine
mi rialzo, e zoppicando raggiungo casa mia, la mia famiglia, la sicurezza della
mia camera e del mio letto. Dovrò inventarmi qualcosa che giustifichi i miei
segni sulla faccia, qualcosa da raccontare alla mamma e a mio fratello già
domani mattina, e poi evitare da ora in avanti quell’ambiente che mi ha appena
punito soltanto per un atto di insicurezza. Meglio, rifletto, adesso so per
certo che non potevo continuare a lungo a stare insieme a loro, anche se mi ero
lasciato trascinare per qualche tempo da quei modi decisi, dall’immediatezza di
quelle vedute.
Mentre cerco di prendere sonno, dopo
che mi sono trattenuto a lungo nel bagno per controllare tutte queste piccole
ferite, penso a Cristina come ad un angelo che mi appare all’improvviso, forse
la persona in questo momento che sento più vicina, e come finalmente io possa
presentarmi di fronte a lei con la testa alta. <<Sono stato un
cretino>>, potrei dirle senza limitarmi, <<solo perché ero rimasto
affascinato da qualcosa che alla riprova dei fatti non era assolutamente degno
della mia stima. Ora voglio disinteressarmi di tutto questo, allontanarmi il
più possibile da un mondo che non è assolutamente il mio, e che di sicuro non
riuscirà mai più per adularmi, come purtroppo invece è capitato>>.
Bruno Magnolfi
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