Durante il giorno
cerco di riposare, considerato che per tutta la notte lavoro come portiere
d’albergo. Però, il mio riposo è spesso disturbato da pensieri e riflessioni
che mi tengono oltremodo vigile, tanto che al momento in cui giungo a prendere
servizio in albergo spesso mi sento ancora stanco e affaticato. Le mie
preoccupazioni maggiori restano quelle che mi tengono molte volte impegnato col
ricostruire nella memoria lo svolgersi di quegli elementi che avrebbero potuto
facilmente cambiare la mia vita, se solo negli anni dell’infanzia e
dell’adolescenza avessi manifestato una volontà differente da quella reale. Non
tanto differente, questo è il punto, ma appena un po', quel tanto che basta,
insomma è come se fossi cosciente adesso di non avere approfittato di qualche
minima opportunità che, al contrario del buon senso corrente, a quell’epoca ho
largamente ignorato. <<Paolo>>, dico ancora a quel ragazzetto che
mi si para davanti con i calzoni corti e la smorfia sulla faccia di chi ce l'ha
con tutto il mondo intero. <<Ma cosa credevi di ottenere allontanandoti
sempre da tutti, restando continuamente da solo a rimuginare qualcosa che a
chiunque appariva frutto semplicemente di una personalità distorta, di un
carattere bislacco, di una mente perversa, priva degli elementi base della
socialità?>>. Lui adesso fa spallucce, non gli interessa questo argomento,
anzi, gli dà persino fastidio che ancora se ne parli. <<Persino il tuo
compagno di banco, obbligato dalla maestra a starti accanto in classe, sembrava
tollerarti appena per il tempo sufficiente durante lo svolgersi delle lezioni,
e dopo basta, via a ridere e scherzare con gli altri, evitando persino di
rivolgersi a te per porti delle domande, anche le più semplici e sciocche.
Sembrava proprio che
tu a quell’epoca non tollerassi anima viva intorno a te, ed evidentemente
ognuno dei tuoi compagni si teneva alla larga il più possibile da un musone
corrucciato come apparivi tu quasi in qualsiasi momento. Io lo so che non eri
affatto come sembravi agli altri, ma l’evidente incapacità di esprimere la tua
vera indole era tale da non ammettere da parte loro alcuna variazione. Da lì a
prenderti in giro, magari da una certa distanza per evitare delle reazioni
violente da parte tua, il passo spesso era breve, ed anche se mostravi
indifferenza rispetto a qualsiasi soprannome o qualunque aggettivo ti venisse
affibbiato, di fatto nel tuo profondo ne soffrivi, anche se tenevi per te
qualsiasi sentimento. <<Sei uno sciocco. Tu credi che qualcuno possa
venire a chiederti con umiltà come ti vadano le cose, o che cosa stai pensando,
oppure quali siano davvero i tuoi problemi. E ti arrocchi su te stesso ancora
di più quando ti rendi conto che a nessuno interessa veramente qualcosa di te o
delle tue preoccupazioni>>. La mamma già nel primo pomeriggio inizia a
tormentarmi: <<perché non esci, perché non vai a giocare a palla con
qualche compagno che conosci, perché non approfitti della giornata di sole e
stai almeno un’ora o due all’aperto?>>. Ed io, anche per non sentirla
ripetere ancora le stesse cose, prendo e vado fuori, senza sapere neppure verso
dove, ma raggiungendo in fretta qualche angolo di questo paesino dove sono
nato, con quelle case anonime costruite proprio attorno alla scuola di via
delle matite. Mi piace starmene da solo in certi casi, e non mi pare di avere
troppa necessità degli altri, tanto che, quando c’è in giro qualche altro
ragazzo più o meno della mia medesima età, fingo sempre di avere altro da fare
che non starmene con loro, anche se magari hanno la palla per giocare, oppure
qualche petardo tanto per far scoppiare in aria qualche vecchio barattolo o
qualche sacchetto di cartone.
Non penso troppo al
futuro, non rifletto mai su cosa potrò fare tra un giorno, tra un anno, o
quando sarò tanto grande al punto da decidere della mia vita: farò come fan
tutti, stabilisco con estrema pacatezza; ci sarà pure un mestiere anche per me,
come per gli altri, ed avrò delle amicizie, forse una fidanzata, e dei colleghi
di lavoro con i quali farmi qualche birra a fine orario. Metterò su una casa
tutta per me, pur piccola e modesta, e inviterò qualcuno a cena qualche volta;
magari i miei genitori ormai diventati anziani, o qualche amica che mi piace,
alla quale dedicherò un pensiero poetico declamato a voce alta, mentre porto in
tavola l’arrosto preparato con pazienza ed attenzione. Comportamenti
abitudinari, senza sorprese, fatti quasi apposta per adagiarsi con tutta calma
su delle giornate prive di scossoni, composte da consuetudini e da normalità.
Se poi ci sarà altro per me in attesa dietro un angolo, l’affronterò con i miei
modi, con la mia forza, con le mie capacità di adeguarmi al nuovo o di
scrollarmi subito di dosso ciò che non mi piace. Questo è quanto medito adesso
che ho solamente dieci anni, e per il resto mi disinteresso quasi di tutto,
considerando che credo fortemente a ciò che deve accadere come a qualcosa di
assolutamente giusto e inevitabile.
Entro in albergo adesso, ormai è l’orario. E mi
sento stanco, ovviamente, quasi spossato.
Bruno Magnolfi
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